“Mare
nero”, thriller italiano diretto da Roberta Torre,
ha come protagonista Luca (Luigi Lo Cascio) un ispettore
che, in seguito al ritrovamento di una giovane studentessa
uccisa dopo un rapporto sessuale violento, comincia ad indagare
sul caso e a frequentare gli stessi ambienti torbidi e malsani
della ragazza fino a non poterne più fare a meno,
entrando così in un tunnel di ossessione che lo conduce
ai limiti della follia. Il suo rapporto con le donne, e
con la sua stessa fidanzata, diventa contorto e morboso:
egli è attratto dalle proprie fantasie malate che
lo spingono a cercare approcci sessuali ambigui, ma allo
stesso tempo prova un senso di paura nei confronti del lato
oscuro che è emerso in lui, simboleggiato dalla statua
greca immersa nell’acqua (metafora dell’inconscio)
che più volte appare davanti agli occhi del protagonista
come un’ossessione da cui non riesce a liberarsi.
Nel suo malato viaggio verso la perdizione, dove gli ambienti
esterni cupi, inquietanti e a tratti claustrofobici rispecchiano
una condizione interiore tormentata e confusa, Luca si rende
conto di non essere il solo ad avere una doppia vita, ritrovandosi
più volte ad assistere al manifestarsi delle personalità
nascoste di molti suoi colleghi quando sfruttano la divisa
per sfogare le proprie frustrazioni attraverso atti di violenza
e corruzione. La regista, Roberta Torre, ci pone così
di fronte a un mondo folle, ipocrita e privo di valori,
nel quale è facile perdere la propria identità
e il proprio equilibrio e ritrovarsi nell’incertezza
esistenziale assoluta. A questo scopo risultano efficaci
le musiche d’atmosfera, soavi e alienanti allo stesso
tempo, che conferiscono alle sequenze maggior incisività
e inquietudine. “Mare nero” risente nella tematica,
nel particolare uso della luce e nella costruzione di determinate
scene erotiche dell’influenza di “Eyes Wide
Shut”, senza però essere in grado di raggiungere
quell’elevatezza stilistica e quell’efficacia
ipnotica che avevano caratterizzato l’opera di Kubrick.
Del resto, nonostante il film di Roberta Torre sia ben costruito,
risulta però freddo, non riuscendo né a entusiasmare
lo spettatore né a coinvolgerlo pienamente, lasciandolo
così libero di seguire la storia con sguardo distaccato
e forse anche un po’ infastidito, senza che avvenga
alcun tipo di immedesimazione con i personaggi.
Ester Carbone |
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