Nel morbido notturno di Panico
il tempo prende appunti in grembo a Dominot.
Favole sotto vuoto premono le vetrine
e trema sull’altar maggiore il sogno di una giostra.
Se il pianoforte chiuso aspetta Rubinstein,
nell’attimo sospeso di un singhiozzo
beate-sante sorseggiano l’oblio,
lacrime viola di Mater Dolorosa che invoca Biancaneve:
“Mai, mai saranno quattro le bellezze!”
Che tutto si trasforma… e nulla può mutare.
In fondo, il tavolo degli angeli è sempre apparecchiato,
se scendono danzanti da Castello…è solo per
un’ombra…
a caccia di un sorriso eginetico Mariano…
tornando all’acqua primigenia si può ricominciare.
Anche il menù, mutevole prodigio della mano,
ha echi-aromi d’assolato inizio.
Per sublimare il piatto dei rimpianti
basta un bicchiere di rosso nostalgia…
di quando si occupavano Conventi, sogni ovattati d’infinite
stanze
e apparizioni in chiostri di verzura.
La notte, ricamando col tamburo,
si balbettava di cambiare il mondo.
Solo al Panico ritornano fantasmi e litanie,
tra voli cruenti di colombe, immagini, sculture e notti
bianche,
aleggia eterno il fascino di Edith.
E sfilano madonne visionarie e diafani poeti,
orafi sopraffini, tenere ragazzacce e violenti innamorati
critici, fotografi, registi e pellicciai, pittori e dive,
rari artigiani, artisti e danzatrici, cuochi-fiorai…
e tristi commedianti, sindacalisti e gnomi,
baffuti adoratori di mutande, scrittori passionali,
antiquari… e timide signore.
Amanti furibondi non turbano la coppia senza tempo:
Storie perdute nel mare di uno sguardo.
Mentre sciamano dalla cantina fiumane di comparse…
e la notte “Ardon gli incensi” sul canto estremo
di Domino.
(da “Itinerari poetici”
di Sarina Aletta)
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