LA
ZÉLLA
Zélla con la zeta dura e la e
chiusa fu un vocabolo molto in uso prevalentemente nell'ambiente
proletario, e forse per questo motivo gli sono stati preferiti
lèrcio (pronunciato però con la e stretta
dalla nostra borghesia, che evidentemente ancora ha un ampio
potere decisionale), sudicio, sporco, sozzo... Dunque, né
il femminile singolare zella, né tantomeno l'aggettivo
singolare zelloso sono voci contemplate nei dizionari maggiormente
consigliati.
Sono termini forti, per chi ne conosca il significato, e
generalmente con essi ci si riferisce a persona. Basta pronunciare
il nome per evocare in chi ascolta la ributtante immagine
di una mescolanza di sostanze organiche e inorganiche in
decomposizione, appiccicata sulla pelle viva. Con l'aggettivo
si rende in prevalenza l'idea di persona nella cui cute
si verifica il fenomeno osmotico a senso inverso: è
il tessuto sottocutaneo che assorbe le sostanze della zella
per linee discendenti.
La persona zellosa è graveolente ed è considerata
infetta, contagiosa e per ciò è schivata da
tutti. E tuttavia, paradosso vuole che sia immune dalle
comuni epidemie, le quali normalmente affliggono i maniaci
dell'igiene personale: l'organismo, come si sa, è
in grado di produrre anticorpi e di fronteggiare vittoriosamente
gli antìgeni. Per contro, con la sterilizzazione,
ovvero con un eccesso di igiene, se ne abbassano le difese.
Questo mio rimuginamento speculativo è
stato provocato da un noto nomade metropolitano, un senza
fissa dimora che è appena entrato nel bar, dove mi
trovo assieme ad alcuni altri, per lo più soliti
avventori. Si chiama, o si fa chiamare Antonio. Dimostra
dieci anni in più dei trenta che dichiara di avere
e abbastanza spesso fa qui delle puntatine per sorbire un
caffè, per altro solitamente con apprezzabile discrezione.
Unitamente a straccioni, miserabili, pezzenti, sbandati,
vagabondi e consimili contribuisce ad arricchire la varietà
dell'insieme di zellosi.
In tre o forse quattro anni che lo si conosce, mai visto
in preda a un raffreddore, a un'influenza!
Lo si può incontrare nelle vie centrali della città
che va sospingendo un triciclo sgangherato senza pedali,
di quelli che molti anni fa adoperavano i vecchi cascherini.
Senza dubbio lo ha raccattato in chissà quale discarica
abusiva. Se ne serve per trasportare oggetti trovati, abbandonati
in strada. I cartoni e le carte li vende, con il resto costruisce
sculture all'aperto sui marciapiedi. L'esito finale delle
sue opere è un agglomerato incoerente di ogniché
e si sviluppa in verticale: è un monumento di e ai
rifiuti solidi urbani, alto quanto lo consente una precaria
scala a libretto (anche quella portata in salvo dall'inceneritore)
da lui rischiosamente adibita a questo scopo.
Antonio è un personaggio. A suo modo è un
artista scultore: più che cercare, anche lui come
Picasso trova, ma, diversamente dal Maestro, gli è
inaccessibile il concetto di metamorfosi. Ed è tempo
perso parlargli delle sculture mobili di Tinguely, magari
di quelle concepite per collassare dopo pochi minuti: anche
di quelle non afferra il significato, la portata della metafora.
Come i suoi simili, anche Antonio è la più
vistosa convalida della teoria secondo la quale la specie
umana si identifica nel fare per liberamente fare, nel modificare
l'ambiente per esserne a sua volta modificato.
Stasera è in vena di conversazione. Mentre sorseggia
dal bicchiere di plastica un cappuccino - il solito che
il gestore gli offre gratis, seppure zelando in precauzione
per esigenze igieniche -, soddisfa la curiosità dei
presenti raccontandosi.
- Facevo le magistrali al mio paese per fare contenta mia
madre. Morta lei, dal grande dolore, ho abbandonato... Una
mattina mi sono alzato e mi sono detto: che vale alzarsi
tutti i giorni alla stessa ora? e poi per chi, per quelli
che ti sfruttano?... Da quel giorno ho scelto di fare la
vita libera... Io sono sempre stato un po' ribelle.
La presenza sulle strade di liberi personaggi come lui ha
valenza doppia: da un lato, lo zelloso funge da monito per
la stragrande maggioranza della popolazione metropolitana;
dall'altro, rappresenta la testimonianza più tangibile
dell'alto grado di democrazia e di libertà garantite.
Non è affatto consapevole di esser compreso anch'egli
nell'enclave a pelle di leopardo, di essere funzionale al
sistema che rifiuta, questo romantico ritardato.
Stasera ci ha fatto una sorpresa: si è presentato
con un classico look borghese. Non sembra affatto lo zelloso
senza fissa dimora che si conosce. Anzi, si direbbe reduce
da una festa di matrimonio, tanto è ripulito, ordinato
e ben vestito.
Ponendo a confronto ognuno di noi presenti con l'altro,
dal punto di vista dell'igiene esteriore siamo praticamente
tutti su un piano di parità, ovviamente Antonio compreso.
Cadmio, cloro, mercurio, monocloruro di vinile, fenoli,
piombo, zinco, anidridi, polveri fini e altri veleni, che
al tempo della vecchia zella non si trovavano negli escrementi
e nemmeno nelle carogne di baudelairana memoria, oggi li
inspiriamo, li mangiamo e li assorbiamo in identiche quantità,
indipendentemente dalla classe sociale di appartenenza.
Basta mangiare, bere, respirare: essere semplicemente vivi.
É loquacissimo stasera, Antonio. Ci racconta, alternando
pavoneggiamento e sghignazzo, che stamattina ha partecipato
in qualità di protagonista alla registrazione di
una trasmissione televisiva di un canale privato.
- Prima mi hanno pagato una strigliata completa al diurno:
shampoo, spuntatina di barba e capelli, un bel bagno con
acqua calda... Poi mi hanno passato tutto il vestiario completo,
nuovo, o forse usato ma pulito: maglietta a pelle, mutande,
camicia, vestito, scarpe... Insomma tutto.
Passandola sopra la testa, si sfila la cravatta senza disfarne
il nodo e la ficca a tre riprese in una tasca dei pantaloni.
- Ho pure fatto un bel pranzo in trattoria, a spese loro:
lasagna, pollo arrosto con piselli, frutta, dolce, caffè...
Insomma tutto, meno che il vino, perché io non bevo
né vino né birra. E questo, soltanto per rispondere
alle domande del conduttore sulla mia vita... Prima di andare
davanti alle telecamere mi hanno truccato: ripettinato e
laccato barba e capelli, incipriato il viso, pettinato ciglia
e sopracciglia... Allo specchio mi sembravo io di vent'anni
fa.
Si rimbocca fin sopra i gomiti sia le maniche della giacca
che quelle della camicia.
- Mi hanno pure pagato con un assegno... che non posso riscuotere
non avendo un conto in banca... Domani me lo farò
cambiare da mio fratello... E poi quello che ho raccontato
mica era vero... cioè: un po' sì e un po'
no... Mi sono divertito... Il pubblico presente pure rideva,
rideva per certe cose che dicevo.
Ridacchia anch'egli, maliziosamente, mentre, prima con un
ginocchio e poi con l'altro poggiato sul pavimento, si rimbocca
le gambe del pantalone fino a metà degli stinchi.
- Forse tra qualche mese mi richiameranno... A me i soldi
non servirebbero, ma mi servono per fare causa a quella
carogna di mio fratello... Siamo fratelli gemelli... Morta
mia madre, subito ha aperto un negozio al paese, un negozio
grande... Ha fatto un mucchio di soldi... Va in giro sempre
con rotoli di soldi in saccoccia... Viaggia con una macchina
sportiva che gli serve per caricarsi le donne...
Si sbottona la camicia sul petto, si toglie la cintola e
la insacca in una tasca esterna della giacca.
- É pieeeno pieeeno di donne che gli girano intorno...
Lo-ce-rca-no-lo-ro!... Tutte be-lli-ssi-me-ra-ga-zze!...
Tantissime... E lui è uguale a me, nemmeno più
basso e nemmeno più alto... Siamo gemelli, uguali
uguali... Se le carica tutte, non ne perdona una... Eppure,
lo giuro, il pisello suo è piccolo come il mio...
proprio piccolo... normale...
Prima di uscire dal bar, conclude confermando che domani
si recherà al suo paese e che, se quella carogna
di suo fratello non si convicerà a cedergli la sua
parte (?), pagherà un avvocato per intentargli causa.
Tanto, con i soldi che ha fatto oggi, può anche permettersi
di pagare un avvocato.
Senza soffermarmi a riflettere sull'uso e l'abuso dei canali
televisivi rispetto al baraccone da fiera o al circo delle
meraviglie di antica memoria, saluto e esco anch'io. E,
sicuramente per scrollarmi di dosso un po' di cupezza, sorridendo
mi abbandono al pensiero che, se fossi un minimalista capace,
scriverei un saggio sulla devianza dovuta all'importanza
del pisello. Nel maschio.
Augusto Pantoni
Inedito, 2001
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