FIGLI
E FIGLIASTRI DELLA CULTURA
Un altro passo del Centro Rialto Sant´Ambrogio
verso ampi e attrezzati spazi per fare cultura, è
stato fatto, ottenendo dall’Amministrazione Capitolina
un capannone, con le risorse per la ristrutturazione, per
far nascere un mega-centro culturale nella struttura che
Hitler regalò a Mussolini. Un vecchio hangar in via
delle Mura Portuensi, a Porta Portese, tra i quartieri di
Trastevere e di Ostiense, per favorire la produzione culturale,
privilegiando i “figli”, mortificando i “figliastri”,
evidenziando le differenze tra il chiedere e il prendere,
tra l’ipotizzare e il produrre cultura, tra chi è
ascoltato e chi è preso per il naso.
Una forma di cultura un po’ elitaria trasloca dal
Ghetto di Roma a Porta Portese, mentre altre realtà
continuano a riunirsi, senza comunicare tra di loro, per
cercare di essere riconosciuti e ampliare il panorama delle
offerte culturali.
Sono diversi anni che la sezione italiana dell’Aica
(association internationale des critiques d'art) non ha
una sede, un domicilio come punto di riferimento, dopo essere
stata ripudiata dalla ciclopica Quadriennale. A tutt’oggi
non ha neppure uno spazio virtuale dove comunicare. È
probabile che sia tutta responsabilità dell’Aica.
Tanti critici che da anni non contribuiscono, come associazione,
a qualche significativo passo delle arti visive italiane,
ma forse è la mancanza di uno spazio certo che rende
incerta l’elaborazione d’iniziative valide.
Anche un gruppo di associazioni di artisti, ora consorziate
per un centro di arti visive, hanno visto passare anni in
incontri e deluse promesse, ma c’è chi in pochi
anni ha cambiato diverse volte lo spazio dove promuovere
cultura, sino ad ottenere uno ampio spazio coperto con annessi
cinquemila metri quadrati di terreno sul quale edificare
spazi espositivi e teatrali.
Forse un’Agenzia per le Arti, come venne suggerito
in un incontro promosso da Manuela Crescentini e Ivana Della
Portella tra operatori delle arti in Campidoglio, potrebbe
essere una soluzione di raccordo tra i diversi ambiti della
cultura, cercando di superare i favoritismi.
Tante proposte per molte necessità, forse un giorno
si penserà anche alla possibilità di promuovere
l’arte contemporanea anche nell’avvicinarla
alla comprensione di molti. È bello poter esporre,
ma è anche utile che le opere possano essere capite
oltre che viste. Compresse anche da chi non è uno
dei tanti “addetti” ai lavori.
Oltre a chiedere, sarebbe il caso di offrire dei servizi
per rendere la cultura dell’arte un elemento formativo
nella vita quotidiana e non una misteriosa attività
per vivere.
Gianleonardo Latini
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