Distillati Municipali


Mediterranea

La Cineteca Dimenticata
SEDOTTA E ABBANDONATA

Il film è del ‘66, ma sembra illustrare antichissimi rituali trascorsi, e il sapore che ci rimanda è quello della nostalgia agrodolce per una civiltà arcaica ed agreste di cui forse ancora favoleggiano i vecchi.
Ma è così? Forse nel profondo, profondissimo sud usa ancora il dramma della seduzione, il tabù dell’illibatezza: forse ancora la sessualità sì ammanta di pieghe deliziosamente misteriose, si circonfonde di squisiti, cupi, rituali. Chissà Forse oggi sono i maschi, ieri taciturni e ieratici dittatori del talamo, ad essere i “sedotti e abbandonati”, vittime incaute del rinnovato orgoglio femminile in volo verso traguardi sociali esaltanti. Forse non più astrusi cerimoniali, ineluttabili sguardi: pur nell’antichissima Trinacria oggi usano spicci e disinvolti preamboli, sesso rapido e indolore? Sarebbe materia di una ghiotta inchiesta. Il nordico Pietro Germi, reduce dai trionfi dell’ineguagliabile Divorzio all’italiana miracolosamente intuì, capi, ed amò (pur con eccessi di facile ironia) costumi e pratiche così antichi, eppur nello sferzare e dileggiare ebbe affettuosa comprensione per quell’umanità tanto rigida da sembrare barbara, ma che era invece discendenza di civiltà e fatti antichissimi, tanto antichi da risalire al mito stesso, umanità chiusa e schiavizzata da invincibili rituali.
“Sedotta e abbandonata” ebbe minor fortuna di Divorzio all’italiana di cui parve una replica, una continuazione: ne era invece un approfondimento, eccessivo nel geniale grottesco, di una civiltà violenta e affascinante.

Se in Divorzio all’italiana c’era pure un compiacimento talvolta da “pochade”, da commedia degli equivoci, con striature olezzanti di folklore romantico (che tanto successo ebbero oltre oceano), in Sedotta e abbandonata il discorso si fa tutto nostro, fatto di cenni e ammiccamenti non più folklorici ad una drammatica, chiusa, ma umanissima società che, pur troppo antica, ci appartenne e ci appartiene fino all’ultima goccia di sangue.
Così in Sedotta e abbandonata ridemmo fino alle lacrime di buffe, antiche maschere, pur masticando l’amaro e il dolce dei goffi, piccoli drammi di una piccolissima umanità in cerca di una difficile dignità da conquistare. “Eccellenza, non abbiamo che l’onore, non ci resta altro!” singhiozza il protagonista davanti all’estranea, rigida autorità; è la confessione, aldilà dell’apparenza tronfia e spagnolesca, di una povertà remota, di una storia di violenza e invasioni subite a cui l’indigeno reagì sempre difendendo coi denti il cantuccio del suo tartassato amor proprio. Esagero? può essere; ma come non commuoversi al dramma ridicolo e gigantesco del patriarca Vincenzo Ascalone? Egli passa dalla minaccia all’implorazione, dall’urlo al bisbiglio, dalla violenza alla rassegnazione.
Saro Urzì, indimenticabile “caratterista” degli anni migliori del nostro cinema, qui è protagonista assoluto, giganteggia, bravo e vero fino alle lacrime: confuso, disperato, umiliato, si trascina dietro una storia antica, il senso di umiliazioni secolari.
Quanti “oscar” avrebbe meritato Urzi? Mai fu così grande: il parossismo grottesco trascen¬de nel patetico, per finire nel tragico, modulando con la sua maschera dura e umanissima i contrasti abbaglianti della sua terra assolata e dolcissima. Morirà il povero Ascalone, il giorno delle sospirate nozze riparatrici, morirà facendosi chiudere nella sua stanza per non intralciare la irrimandabile cerimonia, piangendo e ridendo della sua agonia, coprendosi col suo stesso sudario, figura di ridicolo “Superuomo” parente di altri patetici giganti forse balzachiani o swiftiani.
Sedotta e abbandonata muffisce forse oggi nelle scansie delle cineteche sotto l’etichetta di “divertente satira sociale”, ma nel film di Germi rimane pelle e sangue e storia di quel che fummo, e che forse siamo ancora.

Luigi M. Bruno

Sedotta e abbandonata

Titolo originale:
Sedotta e abbandonata
Nazione:
Italia
Anno:
1963
Genere:
Commedia, Grottesco
Durata:
122'
Regia:
Pietro Germi
Cast:
Saro Urzì • Stefania Sandrelli • Aldo Puglisi • Lando Buzzanca • Paola Bigio
Trama: In un paesino siciliano, la giovane Agnese viene circuita e sedotta da Peppino, fidanzato della sorella Matilde. Tornata a casa, la ragazza non riesce a nascondere le ragioni della sua inquietudine e viene scoperta dai genitori. Il padre Vincenzo Ascalone, in preda ad un attacco di collera, prima si getta sulla povera Agnese, poi, avuta la conferma della sua gravidanza, corre a casa di Peppino e lo malmena davanti ai suoi genitori, obbligandolo a sposare la figlia disonorata e rinunciare alla mano di Matilde. Ma il giovanotto è un vigliacco e, con la scusa di non volersi unire in matrimonio con una donna svergognata, prende tempo e organizza in fretta la sua fuga, aiutato dai familiari.

realizzato da

con il patrocinio di


ROMA CULTURA Mensile di Immagini, Suoni e Scritture
Registrazione Tribunale di Roma n.354/2005 del 19 settembre 2005
Direttore responsabile: Stefania Severi - Responsabile di Redazione:Claudia Patruno