... morrò pecora
nera...
RialtoSantAmbrogio invia
una precisazione sull’editoriale “Figli e
figliastri della cultura” di ottobre di RomaCultura
che con piacere pubblichiamo. Vorremmo che altri ci scrivessero.
Vorremmo anche suggerire la creazione di una consulta
delle associazioni culturali per organizzare iniziative
che permettano anche a chi non alza la voce di poter avere
la possibilità di ampliare l’offerta culturale.
Il nostro editoriale, dal
titolo volutamente provocatorio, non era una critica all’associazione
e alla sua proposta culturale, ma una riflessione sulla
presunta mancanza di spazi da affidare per proporre cultura.
È singolare che RialtoSantAmbrogio si senta piccato
per un editoriale - tutti hanno padri e patrigni - che
non disquisisce solo su di una associazione che ha contribuito
ad offrire spazi di proposta anche ad alcuni non ancora
conosciuti artisti.
Ciò nonostante,
dalla lettura della replica inviataci, non possiamo che
rallegrarci nel prendere atto che grazie alla forza delle
proprie motivazioni - senza santi in paradiso - si riesca
ad entrare nel 2% di quanti si sono visti assegnare, dopo
anni di fatiche, un'agognata terra promessa.
CP
contadina inurbata
Gentile Direttore,
Avendo letto l'editoriale
da Voi pubblicato sul sito dal titolo “Figli e figliastri
della cultura” in merito ai luoghi dove fare cultura,
gradiremo avere la possibilità di dire la nostra.
Il Comune di Roma, negli anni,
ha assegnato 77 immobili a titolo definitivo, ed ha in
corso di perfezionamento l'assegnazione di altri 242 immobili,
mentre le domande tutt'ora inevase sono circa 3.500. Questi
dati ci fanno capire quale sia la vivacità associativa
romana ma sopratutto ci portano a piantare i piedi ben
a terra ogni qualvolta l'ipotizzata necessità ed
esclusività del proprio operare produce velleitari
voli pindarici.
Il Rialto, per forza, fortuna
o quant'altro rientra negli spazi assegnati con ordinanza
del Sindaco e crede di svolgere con merito le proprie
attività senza nulla togliere ad altri. Così
come il trasferimento, per altro previsto dalla delibera
26/95, delle attività presso altro luogo non si
capisce come possa determinare quest'alzata di scudi e
non debba altresì essere considerato elemento di
avanzamento utile a tutti. Anche perchè i riscontri
che abbiamo confortano le nostre analisi e ci spingono
a continuare la sperimentazione e il confronto quotidiano
con la realtà in una logica di “fare contemporaneo”:
ora, adesso e senza padri e, quindi, estranei al concetto
di figli e figliastri. Certo a Roma il provincialismo
è ancora ben radicato, forse proprio perchè
si affrontano le vicende con la volgarità della
dietrologia di chi “la sa lunga”, oppure scattano
i meccanismi dell'arroganza di voler imporre la propria
verità, che chiaramente è sempre più
vera della verità altrui.
Io credo che la delibera 26/95
che definisce le procedure di assegnazione del patrimonio
Comunale andrebbe modificata, che si potrebbe rispondere
con più efficacia alle legittime esigenze dell'associazionismo
diffuso, ma questo è compito della politica e delle
Amministrazioni, e non bisognerebbe confondere ruoli,
cause ed effetti. Eppure l'autore dell'editoriale dovrebbe
ben conoscere le procedure del Comune di Roma. Noi, da
parte nostra, continueremo a fare cultura contemporanea
sapendo che chi sta in mare naviga e chi sta a terra giudica,
senza entrare nel merito delle scelte e dei risultati
altrui.
Cordiali saluti
Associazione Culturale Rialtoccupato