È bello pensare che un giorno la povertà sarà
musealizzata, potrà essere vista solo in vecchi documentari
e messa in mostra per il pubblico disprezzo. Ma quel giorno
è lontano, finché le Amministrazioni Comunali
devono correre dietro agli imbrattatori metropolitani e
ai goliardici alcolizzati che non tengono da conto il decoro
della città; fino a quando le istituzioni dovranno
rimediare alle intemperanze grafiche sui muri della città
o smaltire l’eccesso produttivo di vuoti a perdere
sparsi per i luoghi del centro storico.
Interminabili tappeti verde smeraldo che ogni mattina i
solerti operatori dell’Ama cercano di raccogliere.
Ma tutto quel vetro dove andrà a finire?
Le società occidentali, per loro natura, sfoggiano
la loro ricchezza nello spreco, grande produzione di rifiuti
che per molte altre persone del “sud” del mondo
potrebbe fare la differenza tra il vivere e il morire.
Se una parte dei molti soldi che vengono utilizzati per
tenere linda e pulita Roma potessero essere impegnati in
progetti di solidarietà, e non solo fuori dal Bel
Paese, sarebbe cosa buona. Investire per il futuro per rimuovere
le cause di povertà anche in Italia, può essere
possibile se gli irrequieti graffisti dalle velleità
artistiche smettessero di sporcare la città e prima
di darsi alla decorazione murale, si dedicassero all’apprendimento
delle basi della pittura e dell’ortografia, l’Amministrazione
potrebbe risparmiare e impegnare risorse per migliorare
la qualità della vita di molti, visto che non possono
fare a meno di tenere sempre pulita la Città Eterna
per i turisti che portano ricchezza che può essere
condivisa.
Se l’ordinanza prefettizia che vieta la vendita di
alcolici in bottiglie di vetro e lattine da asporto, a Roma
come a Bologna, cerca di arginare l’ubriachezza molesta,
ma soprattutto la disseminazione di bottiglie per le strade,
non può essere un rimedio sostituire il vetro con
la plastica. I frantumi di vetro hanno sempre il lato positivo
di forare le gomme dei disinvolti guidatori che con le loro
auto si addentrano nelle zone pedonali.
È proprio necessario passeggiare con una bottiglia
o un bicchiere in mano per le vie di Trastevere come di
S.Lorenzo o di Campo de' Fiori? Non è più
comodo sorseggiare la bevanda comodamente seduti in un locale
o in casa?
Oltre al vetro e alla plastica nelle vie e nelle piazze,
gli amministratori dovranno trovare una soluzione anche
per agli esercizi di calligrafia, è un’esperienza
comune eseguirli sino ai sette otto anni su muri e mobili
di casa. Ma non è solo la sporcizia a consumare il
bilancio di una città, c’è anche il
dover rimpiazzare i tombini, i tappi d’idranti e quant’altro
che vengono asportati, per pochi euro, cercando di sbarcare
la giornata o per pura monelleria.
Irrequieti bimbi cresciuti nella noia e nel cercare di marcare
un territorio. Non siamo proprietari di nulla, tanto meno
di ciò che non si è acquistato, e una città
appartiene a tutti.
Un grande ostacolo per debellare la fame dal pianeta non
è solo l’impegno per contenere la noia che
sporca la città, ma anche il trovarsi a mantenere
l’elefantiaca burocrazia e i privilegi di alcune organizzazioni
internazionali.
A dieci anni dal Primo Vertice Mondiale sull’Alimentazione
indetto dalla FAO a Roma, sede dell’organizzazione
sin dalla nascita, il dramma dell’insicurezza alimentare
rimane invariato. Sembra ancora lontano il traguardo di
dimezzare la povertà assoluta entro il 2015. Gli
impegni presi da numerosi capi di stato, in quel lontano
1996, sono rimasti disattesi.
Come potranno rimanere solo parole al vento, quelle prodotte
in occasione del confronto tra i rappresentati di governo,
presenti come Comitato per la Sicurezza Alimentare della
FAO (CFS), e di organizzazioni non governative e associazioni,
riunite nel Comitato Italiano per la Sovranità Alimentare,
saranno nuovamente ospitati a Roma, tra ottobre e gli inizi
di novembre di quest’anno, per superare le imposizioni
dei paesi industrializzati a favore di una salvaguardia
della biodiversità, rappresentando un'alternativa
concreta e sostenibile alle logiche del mercato globale
e uno strumento efficace per combattere la fame garantendo
allo stesso tempo la sicurezza alimentare, favorendo il
legame con il territorio.
Il “nord” del mondo vive per mangiare, mentre
il “sud” guarda nella speranza di poter mangiare
per vivere, in questo c’è molto poco di equosolidale.
Se ogni persona potesse fare un piccolo passo verso l’attenzione
al prossimo e all’ambiente in cui vive, contribuirebbe
a migliorare anche la sua vita, ma per ora vige la regola
di chi più consuma più appare felice.
Nessun sacrificio, solo un po’ di attenzione a non
insudiciare, ad avere l’accortezza di differenziati
i rifiuti ed è un passo per archiviare la povertà.
Il risparmio delle Amministrazioni nel campo della pulizia
e del riciclaggio può significare un maggior impegno
perché l’acqua e l’alimentazione non
sia un diritto per pochi, ma per tutti i popoli e solo allora
la povertà sarà relegata nelle teche di un
museo, potendo scegliere di incontrarla solo quando lo si
vorrà.
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