Silone
La mia a palato di lago
parlata da carri in frantumi,
è terra che ragiona di farina
se sai che un cristiano
è buono come il pane.
La mia d’acqua triste
fondo di conca a paura di lupo,
ha l’ombra dove impara
il cafone che si rinfresca
col bicchier di vino
o ti rinfranca
come un santo patrono
chi viene a bocca di forno
a toglierti la spina; e sai
ch’è guardata da bianchi cani.
La mia
che sfama quando la vedi terra scura,
nella nebbia chiara
va tra pioppi sospesa
ondivaga di cimelle; e ne sai
il tempo profumato che respira..
se anche non la vedi.
Lamberto Sabatini
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Postfazione
Ricordai la pagnotta del muto
rimessa alla madia
per farla rapprendere e durare,
e non ebbi mai fame;
che l’acqua di conca
non si doveva sprecare
e non patii la sete..
Ricordai le luminarie colorate
alla luce di candela
e sognai..
Mi sognai una vigna bianca
per quel dolce sfiorito
del pane del Santo,
ciambelle benedette a Sant’Orante,
sulla lingua del paese.
Poi un giorno di paura e pudore
scordai il bacio alla rosa canina,
e se ne passava per sempre
il profumo delle rose. Ed ora
cammino in punta di piedi
dentro un camposanto
per ridare al pane del Santo,
quel profumo rimasto
sui vasi nascosti..coi fiori guasti.
Silone..
Lamberto Sabatini |