GIANNI
DESSÌ PICTA NELLE CAMERE
Nel lavoro di Gianni Dessì non si riscontra
una traccia omogenea dei suoi ricordi che non sia la luce
indagata attraverso il colore o la sua assenza. Anno dopo
anno modifica il suo lavoro per poi ritornare indietro,
rielaborando con altri materiali le dinamiche di un segno.
Gioca con i segni - con l'8 realizza un "Sottosopra"
e un "Sotto in su" - e i suoi spazi pittorici
non sono semplici quadri, ma delle scatole sulle quali scivolano
degli ipotetici velari, dando vita ad una rappresentazione
scenica.
Così è nel caso dell’intervento realizzato
nel 1991 per il minimo spazio romano dell’Edicola
Notte (m. 7x1), riveduto per Macro e dilatato per l’ampia
sala. L’occasione gli ha permesso di ragionare e approfondire
il lato prospettico e scenografico della Camera Picta, rimanendo
invariata l’obbligatorietà del punto di vista
per osservare una camera interamente dipinta, dal pavimento
al soffitto, in un giallo luminoso con inserzioni d’ombre
“virtuali”.
Dessì può utilizzare svariati materiali come
superficie “pittorica”, dal vetroresina al legno,
dalla tela al gesso, senza escludere altri componenti, per
passare dall’astrazione alla potenzialità della
figurazione, dall’ornamento alla narrazione stimolata
dal titolo dell’opera, ma è sempre un solo
elemento che cattura l’attenzione nel suo emergere
o sprofondare dalla superficie.
Il colpo d’occhio non completa la lettura delle opere
dell’artista romano, è un prologo ad una lettura
più attenta di quello che porta da un colore accecante
ad un graffio sottile, in un equilibrio tra quello che appare
e quello che potrebbe essere presente.
Sicuramente appare incongruo in questo presente etichettare
Dessì, insieme agli altri cinquantenni come Pizzi
Cannella, Ceccobelli, Bianchi, Gallo, Tirelli e Nunzio,
esponente della Nuova Scuola Romana, solo perché
operano in studi localizzati sotto lo stesso tetto di un
ex pastificio a San Lorenzo (Roma). Poco per identificarli
come gruppo omogeneo o corrente artistica. Ora, a distanza
di due decenni e del continuo rifiutare l’etichetta
di Nuova Scuola Romana, la storia dei sei artisti di via
degli Ausoni è un libro di Roberto Graticci per gli
Editori Riuniti.
L’Italia dei critici ama le definizioni, forse perché
può rendere più interessante il lavoro prodotto
da quel “circolo” più tosto che da un
battitore libero.
L’Arte Povera era una corrente omogenea, la Transavanguardia
era una visione eterogenea dell’arte di quegli anni,
la Nuova Scuola Romana non è un generale ritorno
alla pittura e non è di certo un superamento dell’arte
concettuale o minimalista, ma solo diversi modi di fare
arte, mescolando le proprie esperienze, come i diversi ingredienti
delle singole opere: oli, legni, cere, pigmenti, metalli
e oggetti vari con altri numerosi materiali.
La Nuova Scuola Romana semplifica la vita di chi opera nell’arte,
nonostante l’opportunità di fare dei distinguo
tra artista e artista e tra lavoro e lavoro.
Gianleonardo Latini
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