angela policastro
Mostra curiosa quella di Angela Policastro che si è tenuta presso l’Istituto di Cultura Egiziano.
Il soggetto preferito dall’artista è il bambino.
Ma al contrario della maggior parte dei suoi colleghi che ritrae il bambino nel suo momento di gioco o comunque di spensieratezza, quello di Angela Policastro è un bambino cupo, inquieto ma, soprattutto, solitario.
Il bimbo è costantemente ritratto in un contesto
di solitudine eccezionale, come abbandonato a sé
stesso in tutte le sue consuete azioni quotidiane.
Sia che legga un libro, o che passeggi oppure che sia fermo, il soggetto trasmette un’incredibile sensazione di abbandono.
Il paradosso è che questa sensazione risulta amplificata
quando il bambino è ritratto insieme ai suoi coetanei.
Ma guardando più attentamente queste tele, ci si accorge che l’artista spesso e volentieri omette di dipingere i tratti somatici del volto.
Il bambino si annulla completamente nel suo stato di abbandono
e tristezza, così che anche i suoi tratti somatici
vengono trasfigurati in maschere pressocchè piatte
e cupe.
Non mi soffermo a questo punto sull’infanzia dell’artista, bensì sul messaggio che ella propone.
Effettivamente dovremmo dimenticare lo stereotipo del bambino
felice a tutti i costi e riuscire a capire le sue esigenze
e cercare costantemente il dialogo con lui al fine di non
fargli comparire una maschera sul volto.
Massimiliano De Mare |