CERCANDO
UNA VIA DI USCITA
Nella sede del MACRO al Mattatoio, uno spettacolare
apparato scenografico multisensoriale, per tutta l’estate,
racconterà il pensiero contemporaneo elaborato da
Christian Boltanski.
L’allestimento, realizzato in un padiglione di 1000
mq, sorprenderà ed incanterà il visitatore,
chiamato a partecipare attivamente.
Nella spettrale semi oscurità dell’ex mattatoio,
triste luogo di morte, 300 abiti scendono dal soffitto,
in uno spazio fuori dal tempo, dove riecheggiano voci di
persone scomparse: “Io sono bella… Io sono intelligente…
Io sono giovane… Io sono gentile… Io sono innamorato...”.
Voci sussurrate, quasi a voler fermare il tempo.
Gli abiti, un tempo abitati da queste fantomatiche persone,
sono tutto ciò che rimane di loro, la loro memoria
individuale.
Su dei leggeri pannelli di plastica trasparente, fitti come
i meandri della mente umana, delicatamente mossi dal vento
di un ventilatore, vengono proiettate le immagini tratte
da video di repertorio e dai telegiornali del 6 settembre
di ogni anno, a partire dal 1944, giorno e anno di nascita
di Boltanski.
Il suono del battito del cuore pulsante dell’autore,
accompagna il visitatore in questo malinconico labirinto
della memoria, dove, alla fine, lo attendono otto macabre
teche di vetro. Dentro le casse, dall’aspetto funereo,
delle luci intermittenti e dei vestiti, a simboleggiare
l’ossessione della morte, ma anche l’energia
vitale destinata a soccombere.
Un percorso altalenante, tra ricordi personali, scorrere
del tempo, ineluttabilità della morte. Per riflettere
sulla precarietà dell’essere umano, appeso
simbolicamente come uno dei tanti vestiti, attore involontario
della tragedia dell’esistenza.
Un percorso nostalgico, ma anche ironico. Al termine, una
grande scritta luminosa “EXIT” cala dall’alto,
quasi a farsi beffa del visitatore. Una uscita, forse una
liberazione dall’angoscia del vivere, ma anche un
invito a vedere la vita con un po’ di ironia, a ridere
delle proprie debolezze. Una risata, chissà, potrebbe
anche salvarci.
Da vedere, e rivedere. Perché è come entrare
in un’opera d’arte, toccarla con mano, diventare
parte attiva di una rappresentazione teatrale. Davvero emozionante.
Non è la prima volta che Danilo Eccher, direttore
del Macro, cura l’allestimento di un artista straniero.
Ma, mai come in questo caso, la scelta di ospitare il geniale
lavoro del francese Christian Boltanski appare appropriata.
Perché Roma è una città che ha bisogno
di riflettere sul suo passato millenario, fatto di sovrapposizioni
storiche e culturali, e il cupo ex mattatoio, con la sua
atmosfera irreale, è il luogo più suggestivo
per questa emblematica riflessione sulla vita e sulla morte.
Simona Rasulo
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