LE
DIVERSE ANIME
Grande attenzione si è dedicato all’ampia
mostra di Galileo Chini negli spazi Galleria Nazionale d’Arte
Moderna, ma in quegli stessi spazi troviamo un paio di stanze
poco frequentate, dove l’intimo mondo di Elisa Montessori
è proposto in modo garbato. È una minima parte
della sua ricerca, proposta nella penombra. La musicalità
degli acquerelli ispirati al lavoro di John Cage, impreziositi
da inserzioni di frammenti di velina e di grafie, fronteggiano
la sensualità dei sei fiori rossi, un avvertibile
omaggio a Georgia O'Keeffe, e al centro della stanza le
bacheche per tanti libri d’artista. Nella stanza adiacente
si esce dalla penombra, con le tante tele, di tutte le grandezze
e con tutti i colori caldi e freddi, chiari e scuri, ma
non c’è nessuno ad osservare il dittico “Shangai
Blues”, che da anche il nome alla mostra, o le due
versione, in bianco e in nera, di Casablanca, poi seguono
le tele ispirate alla Manciuria e ai Masai, sino alla poetica
giapponese o alle variazioni del vortice e del gorgo.
Non ha molta importanza il titolo, ma che ogni opera, anche
nelle loro similitudini e nella scrittura, solleciti l’immaginazione
di luoghi ed emozioni. Ma anche i mosaici e le composizioni
fotografiche come mosaici, non attraggono l’attenzione
del visitatore della Gnam. Questo è un ulteriore
segnale del solco che divide il contemporaneo con la quotidianità
delle persone.
È un peccato, perché fra tanta banalità
contemporanea le opere di Elisa Montessori brillano dei
gesti dell’artista e pochi sono quelli che, fino ad
ora, hanno potuto vedere le sue diverse anime.
Claudia Patruno
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