Incubi americani
Tratto da un fumetto di John Wagner, l'ultimo lavoro di David Cronenberg riflette temi alla Camus, da sempre cari al regista canadese. Sotto la superficie della trama lineare del più classico dei noir si insinuano il disagio, il cinismo, l'ambiguità dell'identità che si sgretola.
Nessuna concessione all'estetica hollywoodiana, nessun effetto speciale, nessuno scontro fra buoni e cattivi, ma una discesa nella zona d'ombra di una natura che riemerge di fronte al pericolo primordiale: la morte.
Probabilmente la madre di famiglia in tenuta sexy cheerleader non turberà il pubblico europeo tanto quanto quello d'oltreoceano, dal momento che la piccola storia di provincia, narrata da un Cronenberg misurato e asciutto, fa bella mostra di quello che può essere definito un incubo americano. Ecco la provincia sonnolenta, che ricorda tanto Peyton Place, attraversata da interminabili Highways percorse da anonimi disperati, pronti a tutto anche solo per il gusto del sangue, il mito della famiglia in stile Bradford ed il bisogno di un eroe, qualcuno, chiunque, in cui credere.
E' la violenza insensata e nichilista di due balordi ad aprire il "vaso di Pandora": un uomo mite e comune che si difende (da vero professionista peraltro), i media locali che si precipitano dal novello eroe e il ritorno alla vita di un'identità sepolta nel passato.
Il destino bussa alla porta del protagonista ed il dubbio si insinua nella vita condotta nella serenità di chi sa esattamente cosa aspettarsi l'attimo seguente.
Nessuno sfugge alla sua natura, anzi, peggio, la tramanda alle generazioni future, come dimostra, nel momento veramente drammatico della pellicola, l'esplosione di furia di un figlio cresciuto nella non violenza e nel rifiuto dello scontro. Che la storia di violenza sia un patrimonio genetico dell'americano medio?
Il sogno americano riposa in pace da tempo, questi sono gli anni degli incubi e degli improvvisi ritorni alla realtà.
Ma poi qual è veramente l'incubo? Il velluto sotterraneo di una vita violenta o l'ipocrisia che accetta la finzione? L'America preferisce non darsi risposte, almeno ultimamente, e, come la bionda ultimogenita dell'antieroe, preferisce apparecchiargli il posto a tavola in un silenzio consapevole.
E che tutto continui come prima.
Ottima l'interpretazione di Viggo Mortensen nella sua lenta metamormofosi, nell'inesorabile ritorno a se stesso, nella freddezza consumata del killer, nello sguardo torvo e compiaciuto di un lavoro ben fatto. Finalmente un ruolo convicente per l'attore che ha faticato non poco per togliersi di dosso i panni del re di Tolkieniana memoria.
Perfetto Ed Harris, nemesi deturpata che piomba nella piccola provincia a reclamare il suo tributo; brillante e luciferino il cameo di William Hurt, così bravo che quasi ci dispiace la sua dipartita!
Claudia Patruno |
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Titolo originale:
Genere: Thriller
Durata: 95 - Origine: Usa
Regia: David Cronenberg
Cast: Viggo Mortensen, Ed Harris, William Hurt,
Maria Bello, Ashton Holmes
Sito ufficiale:
http://www.apple.com/trailers/newline/ahistoryofviolence/
Trailer: http://www.apple.com/trailers/newline/ahistoryofviolence/
Trama
Tom Stall è un uomo tranquillo, vive nella piccola città di Millbrook, nell’Indiana con la moglie e i due figli. E’ una sera come tante altre, quando nel ristorante in cui lavora irrompono due rapinatori, Tom salva amici e clienti da una strage annunciata ed il circo dei media si precipita nella cittadina per celebrare l’eroe del giorno. Quando la normalità sembra essere tornata nella vita di Tom, Carl Fogarty, boss della mafia irlandese di Philadelpia, bussa alla sua porta. E’ in cerca di un certo Joey, un killer noto per la sua ferocia, che lo ha sfigurato privandolo di un occhio. Ed è certo che Tom e Joey siano la stessa persona. |