DA
FABBRICA DI PROFUMI A FABBRICA TEATRALE IN CAMMINO
Il Teatro più segreto e affascinante
di Roma si chiama India.
Un contenitore essenziale e perfetto per eventi teatrali
che, in clima remoto
e avveniristico di archeologia industriale, assumono qualcosa
di indefinibile o,
come direbbe Eduardo, di “affatato”.
Partendo da lontano, la storia inizia quel 3 dicembre 1899
in cui la “Società dei Prodotti Chimici Colla
e Concimi” presentava domanda, all’Ispettorato
Edilizio del Comune di Roma, per la realizzazione di uno
stabilimento industriale in via Pietra Papa. La fabbrica
nacque e prosperò sacrificando orti e vigneti; poi
nel 1918 è rilevata dalla “Società di
Candele steariche Mira” che trasformando in saponi
gli scarti delle olive, detti sansa, inizia una fortunata
ascesa economica, attraverso la seconda guerra mondiale,
che la porterà ad ampliare la fabbrica fino agli
anni cinquanta quando, ormai divenuta Mira Lanza, chiuderà
i battenti lasciando le rive del Tevere per trasferirsi
definitamene al nord.
Il complesso industriale ricco di storie, tuttora vive nella
memoria dei romani, viene abbandonato e inizia fatalmente
quel degrado che si compie nei decenni successivi. Parte
degli edifici ospiterà per lungo tempo i famosi magazzini
di attrezzerie teatrali Rancati, ma la ex Mira Lanza sarà
anche teatro di un proliferare caotico di depositi, officine
e attività d’ogni tipo. E’ inevitabile
che in questo clima e data l’epoca, si addensino sul
territorio, sempre più minacciose, le brame della
speculazione edilizia
e tutto sembra possibile quando, alle soglie del peggio,
nella lunga estate del 1994, nasce un evento che potremmo
definire multimediale.
Si tratta di un gruppo di artisti, scrittori, architetti,
musicisti e poeti che, nel segno dell’utopia, inventano
una fantastica operazione culturale denominata Al-quantara,
progettano una Città dell’Arte sul Fiume e
bonificando l’intero comprensorio, tra ponte dell’Industria
e Lungotevere dei Papareschi, gettano idealmente ma anche
concretamente le basi dell’attuale felice realizzazione
di un teatro speciale.
La storia fantastica, giocosa e battagliera di questa impresa
sarebbe difficile e lunga da raccontare, diciamo solo che,
tra alterne vicende, nel 1999 gran parte del complesso è
finalmente acquistato del Comune di Roma che lo destinerà
ad essere seconda sala del Teatro Argentina. Rivivono così,
con tutta la loro storia, quei vecchi edifici suggestivi
come cattedrali romaniche dai tetti a campana, impreziositi
da cornici, rosoni, grandi finestre e porte ad arco ribassato
su cui dominano stupite enigmatiche ciminiere. Un luogo,
come dicevamo, speciale, austero ed attraente
all’ombra merlettata del Gazometro.
E’ evidente che la composizione di un cartellone teatrale
non può non ispirarsi
al contesto nel quale gli spettacoli dovranno incontrarsi
con il pubblico.
E dunque il nome India non evoca soltanto il fascino di
uno splendido Paese esotico, ma oggi a Roma è sinonimo
di uno spazio tutto da scoprire, dove trovare qualcosa di
insolito, spesso di alto livello artistico, nel panorama
della programmazione teatrale.
Basti pensare agli ultimi spettacoli che abbiamo visto.
Dopo l’esplosivo Pirandello, ricreato da Vincenzo
Pirrotta, “Le Intellettuali” di Moliere è
un esempio di grande Teatro basato sulla straordinaria bravura
degli attori, diretti da un impeccabile Arturo Cirillo.
In quanto al prossimo lavoro in cartellone dal 5 al 9 aprile,
“Altri giorni felici” di Remondi e Caporossi,
fa ben sperare portando le firme prestigiose di due poetici
maestri nell’ambito della ricerca teatrale.
Va anche detto che l’idea di questo nuovo spazio del
Teatro di Roma, ideato da Mario Martone, direttore dell’Argetina
tra fine e inizio secolo, nasceva proprio come Teatro Laboratorio,
legato al concetto di Ricerca e Sperimentazione come nasceva
l’idea di questo nome “ India” a simboleggiare
“Il Viaggio”.
Ed è così che la “fabbrica di profumi”
diviene fabbrica teatrale in cammino.
Sarina Aletta
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