LAUDISA:
QUANDO L’ARTE NON HA LUOGO
Sono
ormai numerose le mostre allestite nel foyer del Teatro
Sala Umberto, ognuna delle quali ha contributo a far conoscere
la realtà artistica romana. Molti i nomi che sono
emersi con le esposizioni della Sala Umberto, ma non è
questo il caso. Paolo Laudisa è un nome conosciuto
e i suoi lavori sono molto apprezzati. Nelle sue opere,
d’impronta minimalista, ma spiccando il volo verso
il surreale, propone delle ambientazioni monocromatiche
per degli oggetti fluttuanti in uno spazio cromatico.
Come Fedora Franzè tende a sottolineare “…
Nel rifiuto dei generi codificati Laudisa si sente a proprio
agio, distante da provocatorie furie sperimentali, attento
allo studio e alla ricerca sui materiali, ma più
di tutto all’evoluzione interna delle forme del colore.
Le tele di Paolo Laudisa trovano nello spazio consacrato
alla rappresentazione scenica una dimora eccellente. Certo,
occorre mettere in conto una certa dose di casualità
degli eventi, e altrettanta di intuizione da parte dell’artista.”
Figurativo? Astratto? Non ha alcuna importanza, come invece
è efficace l’intrusione nello spazio pittorico,
o magari teatrale, di materie diverse dall’olio, ma
che del colore sono l’esaltazione.
La mostra gioca sul parallelismo, nel PensandoBene, tra
la sua pittura “corrotta” da vetro e marmo e
la dissacrazione teatrale del suo istrionico conterraneo
Carmelo Bene. E come Bene offre con la sua pittura spunti
di riflessione sullo spazio e la sua capacità di
assimilare gli oggetti.
Come il foyer della Sala Umberto, anche altri spazi si scoprono
con la vocazione di promotori dell’arte contemporanea.
Sono ambienti come SpazioEspanso, nati per il commercio,
che offre una quanto mai appropriata ambientazione alle
incisioni che Elisabetta Diamante realizza ispirandosi all’indumento,
più o meno intimo, come involucro. Delle opere che
si confondono, per emergere d’originalità e
di raffinatezza, tra le merci di un negozio d’abbigliamento.
“… Non si tratta riduttivamente di un teatrino
sull’arte vestimentaria e sulla mutevolezza dell’abbigliamento
femminile, seppure risolti con lo stile impeccabile della
maturità incisoria dell’artista. ...”
come tende a spiegare nel suo testo la curatrice Ivana D'Agostino.
Anche le vetrine sono delle ottime “vetrine”
per l’arte, come da qualche tempo sono usate dall’ottica
Mondello e dalla sua “gemella”, o in una “brasserie”
di un teatro.
Se le istituzioni non hanno la sensibilità di promuovere
la ricchezza di una città, è la fantasia del
singolo a cercare di porvi rimedio.
Gianleonardo Latini |