Stato della Città del Vaticano
Musei Vaticani - Museo Pio Cristiano

LA PAROLA SCOLPITA
La Bibbia alle origini dell’arte cristiana

Dal 30 settembre 2005 al 7 gennaio 2006
Tel. 06/69883041

TRA I VANGELI E LA TRADIZIONE BIBLICA

Il Museo Pio Cristiano è uno dei tanti che costituiscono il complesso dei Musei Vaticani; fu fondato nel 1854 da Pio IX raccogliendo sarcofagi, sculture, frammenti di mosaico, epigrafi, testimonianze d’arte e di fede relative ai primi secoli del Cristianesimo. I reperti provengono da scavi in catacombe, cimiteri e basiliche paleocristiane oppure da antiche collezioni principesche del ‘6/700; rimase nel Palazzo Lateranense fino al 1963 allorché fu ospitato in appositi locali nei Musei Vaticani. In questi ambienti per solennizzare il 40° anniversario della Costituzione Dogmatica “Dei Verbum” è stata allestita la mostra “la Parola scolpita” in collaborazione tra la Santa Sede e l’Alleanza Biblica Universale; questa è una associazione sorta a metà ‘800 in ambito protestante ma un secolo dopo ha assunto un carattere interconfessionale raccogliendo tutte le varie confessioni cristiane unite per organizzare le traduzioni unitarie della Bibbia in lingue di paesi remoti e poco conosciuti onde facilitarne la diffusione e la conoscenza.
Il tema della mostra è di ricostruire il corso dell’arte cristiana da quando si iniziò a utilizzare la Bibbia come fonte di ispirazione dell’attività artistica e tale fenomeno si avverte chiaramente visitando la mostra che si tiene nel Museo stesso con reperti già in situ contraddistinti da un apposito pannello illustrativo che evidenzia, fra i tanti, i più significativi, in molti casi anche i più belli, per allestire un percorso che si articola attraverso i riferimenti al Vangelo di Marco del Nuovo Testamento e al Libro di Giona del Vecchio Testamento.
L’itinerario inizia con due opere eccezionali “l’iscrizione sepolcrale di Abercio” e “il Buon Pastore”; la prima è uno dei più antichi documenti epigrafici del Cristianesimo, risale all’ inizio del III secolo d.C. ed è l’iscrizione posta sulla tomba di Abercio vescovo di Gerapoli in Frigia con precisi riferimenti alla dottrina cristiana; la seconda è quasi l’emblema del Cristianesimo, anche se l’iconografia ha origine pagana, e consiste in una statua di pastore con agnello in collo restaurata nella parte inferiore nel ‘700, studi recenti avrebbero accertato non trattarsi di statua a tutto tondo ma di un originario bassorilievo decorante un sarcofago di grandi dimensioni. Proprio i sarcofagi sono il pezzo forte della mostra, sono tanti, sovente colossali, coperti di bassorilievi a registro unico o a doppio registro, con scene bibliche tratte dal Vecchio e dal Nuovo Testamento; gli episodi si susseguono fittissimi, a volte non immediatamente riconoscibili, c’è ad esempio una rarissima rappresentazione della Trinità con Dio Padre su un trono, lo Spirito Santo sotto forma umana ed il Cristo che crea Eva da un Adamo giacente; numerose le immagini tratte dai miracoli narrati dal Vangelo: il paralitico guarito, la guarigione dell’emorroissa, la resurrezione di Lazzaro, altrettanti quelli ispirati del Vecchio Testamento, il sacrificio d’Isacco, le profezie di Ezechiele, la creazione di Adamo ed Eva.
Sono splendidi e colossali, molto noti nel mondo artistico ed archeologico, i sarcofagi noti come “dei due testamenti” e “dei due fratelli” con bassorilievi a doppio registro, sono solo le lastre frontali quelli dell’”Anastasis” della “traditio legis” del “miracolo di Bethesda” del “passaggio del Mar Rosso” con scene concitate e a volte ingenue ma piene di passione e di fede con un affollarsi di personaggi. Cominciano ad apparire le prime forme convenzionali di scene sacre che poi si ripeteranno per secoli: Natività, Epifania, scene della Passione, l’arresto di San Pietro, la consegna della Legge all’Apostolo.
E’ un viaggio emozionante nei primi secoli del Cristianesimo, un tuffo nella fede profonda ed ingenua dei fedeli dei primi secoli ed anche un interessante viaggio nell’arte post-classica spesso considerata secondaria rispetto all’arte greco-romana.

Roberto Filippi