TRA I VANGELI
E LA TRADIZIONE BIBLICA
Il Museo Pio Cristiano è uno dei tanti che costituiscono
il complesso dei Musei Vaticani; fu fondato nel 1854 da Pio IX raccogliendo
sarcofagi, sculture, frammenti di mosaico, epigrafi, testimonianze
d’arte e di fede relative ai primi secoli del Cristianesimo.
I reperti provengono da scavi in catacombe, cimiteri e basiliche
paleocristiane oppure da antiche collezioni principesche del ‘6/700;
rimase nel Palazzo Lateranense fino al 1963 allorché fu ospitato
in appositi locali nei Musei Vaticani. In questi ambienti per solennizzare
il 40° anniversario della Costituzione Dogmatica “Dei
Verbum” è stata allestita la mostra “la Parola
scolpita” in collaborazione tra la Santa Sede e l’Alleanza
Biblica Universale; questa è una associazione sorta a metà
‘800 in ambito protestante ma un secolo dopo ha assunto un
carattere interconfessionale raccogliendo tutte le varie confessioni
cristiane unite per organizzare le traduzioni unitarie della Bibbia
in lingue di paesi remoti e poco conosciuti onde facilitarne la
diffusione e la conoscenza.
Il tema della mostra è di ricostruire il corso dell’arte
cristiana da quando si iniziò a utilizzare la Bibbia come
fonte di ispirazione dell’attività artistica e tale
fenomeno si avverte chiaramente visitando la mostra che si tiene
nel Museo stesso con reperti già in situ contraddistinti
da un apposito pannello illustrativo che evidenzia, fra i tanti,
i più significativi, in molti casi anche i più belli,
per allestire un percorso che si articola attraverso i riferimenti
al Vangelo di Marco del Nuovo Testamento e al Libro di Giona del
Vecchio Testamento.
L’itinerario inizia con due opere eccezionali “l’iscrizione
sepolcrale di Abercio” e “il Buon Pastore”; la
prima è uno dei più antichi documenti epigrafici del
Cristianesimo, risale all’ inizio del III secolo d.C. ed è
l’iscrizione posta sulla tomba di Abercio vescovo di Gerapoli
in Frigia con precisi riferimenti alla dottrina cristiana; la seconda
è quasi l’emblema del Cristianesimo, anche se l’iconografia
ha origine pagana, e consiste in una statua di pastore con agnello
in collo restaurata nella parte inferiore nel ‘700, studi
recenti avrebbero accertato non trattarsi di statua a tutto tondo
ma di un originario bassorilievo decorante un sarcofago di grandi
dimensioni. Proprio i sarcofagi sono il pezzo forte della mostra,
sono tanti, sovente colossali, coperti di bassorilievi a registro
unico o a doppio registro, con scene bibliche tratte dal Vecchio
e dal Nuovo Testamento; gli episodi si susseguono fittissimi, a
volte non immediatamente riconoscibili, c’è ad esempio
una rarissima rappresentazione della Trinità con Dio Padre
su un trono, lo Spirito Santo sotto forma umana ed il Cristo che
crea Eva da un Adamo giacente; numerose le immagini tratte dai miracoli
narrati dal Vangelo: il paralitico guarito, la guarigione dell’emorroissa,
la resurrezione di Lazzaro, altrettanti quelli ispirati del Vecchio
Testamento, il sacrificio d’Isacco, le profezie di Ezechiele,
la creazione di Adamo ed Eva.
Sono splendidi e colossali, molto noti nel mondo artistico ed archeologico,
i sarcofagi noti come “dei due testamenti” e “dei
due fratelli” con bassorilievi a doppio registro, sono solo
le lastre frontali quelli dell’”Anastasis” della
“traditio legis” del “miracolo di Bethesda”
del “passaggio del Mar Rosso” con scene concitate e
a volte ingenue ma piene di passione e di fede con un affollarsi
di personaggi. Cominciano ad apparire le prime forme convenzionali
di scene sacre che poi si ripeteranno per secoli: Natività,
Epifania, scene della Passione, l’arresto di San Pietro, la
consegna della Legge all’Apostolo.
E’ un viaggio emozionante nei primi secoli del Cristianesimo,
un tuffo nella fede profonda ed ingenua dei fedeli dei primi secoli
ed anche un interessante viaggio nell’arte post-classica spesso
considerata secondaria rispetto all’arte greco-romana.
Roberto Filippi
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