PIPPO ORIANI
Arlecchini, Pulcinella e chitarre

Dal 6 luglio al 9 ottobre 2005

Roma
Museo Andrea e Blanceflor Boncompagni Ludovisi

Informazioni:
Tel. 06/32298330

orario:
da martedì a domenica dalle 9.30 alle 19.30

ingresso libero

catalogo:
Fondazione Oriani - Metz

 

FUTURISMO IN MASCHERA

Quando si parla di Futurismo il pensiero, nella maggior parte dei casi riferibili ai non addetti ai lavori, corre lungo direttive che portano a personaggi ormai storicizzati e famosi come Tommaso Marinetti, Giacomo Balla, Boccioni, Depero e via discorrendo. Ma il Futurismo o i futurismi possibili, al di la di una corrente espressiva del linguaggio artistico novecentista, fu un modo di concepire il mondo contemporaneo in rivolta; una moda e un sistema di vita elevato ad estetismo esistenziale. Dal grande alveo del Futurismo storico, si sono dipartiti rivoli sempre maggiori che nel corso degli anni hanno caratterizzato futurismi regionali, facendo emergere varie personalità artistiche tutte figlie della straripante e tormentata personalità marinettiana fino a giungere alle soglie degli anni settanta del Novecento.
E’ il casso di Pippo Oriani (Torino 1909 – Roma 1972), artista originale e di spessore, appartenente al secondo Futurismo, al quale il Museo Boncompagni dedica una mostra retrospettiva che conta una settantina di opere oscillanti cronologicamente tra gli anni Trenta e gli anni Settanta. Una mostra realizzata grazie alla partecipazione della Fondazione Oriani di Metz (Francia), presieduta dal figlio dell’artista Gabriel Henry Oriani che insieme a Mariastella Margozzi ha curato la mostra.
La scelta iconografica è pure emblematica, dal vasto repertorio figurativo dell’artista si è enucleato un gruppo di opere pertinenti le maschere; una sorta di rivisitazione meditata nella quale convivono molti degli elementi surrealisti che si intrecciano alla poetica irriverente della velocità modernista del primo Futurismo, dissacrante e demistificatoria nei confronti del passato. A questo si aggiunga la potente tensione nei confronti dell’espressionismo, adatto a svelare con sarcasmo e con ironia il dramma esistenziale che si cela dietro le smorfie e gli atteggiamenti dionisiaci e festaioli dell’uomo maschera, o dell’uomo massa, che si svela o si nasconde alla storicità. In questo gioco, eterno dilemma dell’essere e del sembrare, i colori sgargianti e i ritmi guizzanti e decorativi della linea contribuiscono ad accentuare quel clima di paura e di angoscia o di esaltazione declamatoria che la vita a volte procura. Effetto amplificato anche dalle tecniche utilizzate: olio, pastelli, encausto, inserti materici, che testimoniano l’approccio sempre inquieto di Oriani verso la pittura. Il vissuto esistenziale della collettività si maschera ed irride sé stesso, cullato dall’andamento bizzarro del colore che recita esemplarmente il ruolo dell’attore principale garante dei diversi stati d’animo: essi si intrecciano “simultaneamente” nella velocità spasmodica che diviene allegoria della vita.
Per l’occasione viene proiettato il film futurista Vitesse, realizzato dall’artista nel 1933 e recentemente restaurato ad opera della Fondazione.

Roberto Cristini