L’UOMO
Se l’adrenalina alimenta il desiderio e la noradrenalina
tonifica i muscoli, sarà per l’associazione delle due che
decido di andare sollecitamente in libreria a comprare un libro, il cui
titolo promette di farci scoprire Cosa è l’Uomo. Dunque,
malgrado l’improvvisa e inattesa mancanza d’acqua, che mi
impedisce sia di scaricare lo sciacquone del cesso e sia di radermi la
barba, esco di casa motivato da ragioni ben superiori a tali banali inconvenienti.
L’ascensore è bloccato per mancanza di energia elettrica
e scendo a piedi. Davanti al portone del palazzo stanno scavando una buca
che taglia una corsia della strada. Un generatore autogeno di corrente
e una perforatrice in moto - oggi qui, domani nella via accanto - assordano
il circondario a brevi cicli ricorrenti. Il traffico è intasato,
eppure non piove.
M’incammino sul marciapiede facendo la solita gimcana tra le decine
di biciclette moto motorette e motorini parcheggiati senza un criterio
che tale sia. Nello schivare una merda di cane mi s’impiglia la
tasca della giacca in un manubrio e se ne scuce la metà.
Imprecando, volto l’angolo e scelgo di camminare sulla strada. Qualcuno
mi strombazza dietro, forse per comunicarmi la sua intenzione di superarmi
con un autoveicolo. Mi accosto alla fiancata delle auto in perenne sosta
abusiva, fino a sfiorarle. Quello insiste. Mi fermo e mi volto, pronto
a fare un gestaccio. Vedo l’indice teso di una mano sbucata fuori
dal finestrino di un’ autovettura e ne seguo la traiettoria indicata.
M’informa: non ce l’ho con te, ce l’ho con quello. Il
“quello” additato dal finto muto informatore è un automobilista
proveniente dalla parte opposta che risolutamente avanza con la sua macchina,
anch’egli strombazzando, incurante del senso di marcia a lui vietato.
Entrambi gli automobilisti, nel pieno rispetto dell’usanza, bloccano
le rispettive auto muso contro muso e prendono a scambiarsi tipici insulti
clamorosi, fregandosene delle code di automobili che intanto si vanno
allungando alle loro spalle.
Altro intasamento con coro di trombe, nemmeno omologate.
Avvolto dalla solita nuvola di tossici fumi neri e grigi, in apnea ricupero
il marciapiede e qui, sul marciapiede, un imbecille alla guida di un motorino
manca per poco di travolgermi. Mi grida di guardare davanti, il deficiente
senza casco.
Raggiungo la fermata del bus dopo essermi incrociato con più disperati
che mi chiedono l’elemosina, affinché dio aiuti me anziché
loro. Passano dieci minuti e l’autobus non arriva. Siamo almeno
in venti ad aspettare. Suonano sirene: di ambulanze pompieri polizia carabinieri
imbottigliati nelle cinque strade che convergono verso lo slargo dove
mi trovo. Ho offerto sigarette a non so più quanti me le hanno
chieste. I semafori sono spenti, ma non è meglio né peggio.
L’ingorgo è totale, come ogni giorno.
Ad attendere il mezzo pubblico saremo diventati almeno una quarantina,
tra chi tiene il cellulare incollato all’orecchio, chi si tappa
le vie respiratorie con un fazzoletto e chi parla da solo e a se stesso
in modo che non soltanto i vicini lo sentano. Quel che il cinema straniero
mancò trent’anni fa di farci vedere sono i motori le motorette
le moto e le biciclette che scorrazzano sui marciapiedi tra i pedoni:
ultima originalità, forse, che possiamo a buon diritto rivendicare.
Dopo oltre mezzora la situazione non è cambiata, l’autobus
non arriva. Alcuni se la prendono con chi continua a votare, qualcuno
corre dietro forse a uno scippatore, ammesso che non lo sia egli stesso...
Chi lavora o chi sta comunque al chiuso è al riparo dal marasma
esterno, ma lo conosce bene per provata esperienza. E malgrado ciò
lo preferisce a quel che accade negli interni, dove succedono cose che
superano la più irriguardosa fantasia tragicomica. Non resisto
più alla nuvola avvolgente di miasma innaturale e naturale insieme.
Non sopporto più la dolorosa cacofonia dei rumori. E questi pollini
che accumulano particelle infette in sospensione e te le depositano in
ogni orifizio... Decido di proseguire a piedi.
Cammino sul marciapiede sgombro, dentro un corridoio obbligato, largo
non più di sessanta, settanta centimetri, tra il muro dei palazzi
e una fettuccia di plastica a strisce bianche e rosse: anche qui si scava,
ci sono lavori in corso. La lunga fossa scavata al di là della
fettuccia mette a giorno cavi marci, tubi cariati olezzanti e immondezze
improprie come per esempio merde, non soltanto di bestie.
Sembra che accada tutto insieme e solo oggi, ma questa è la regola
e i rari giorni di tregua sono l’eccezione che la conferma. Gli
accadimenti sono ogni giorno la fotocopia del precedente, aumentano soltanto
di numero superando abbondantissimamente la cosiddetta soglia fisiologica.
Idem per i casi notevoli, la cui collocazione sulla carta topografica
varia di giorno in giorno soltanto di qualche millimetro. Forse da un
centinaio di secoli, ma in special modo negli ultimi cento anni, l’uomo,
affidandosi alla tecnoscienza, ha scelto di costruire il proprio futuro
a velocità sempre più accelerata e verso un’unica
direzione, che è l’irreversibile senso quella freccia del
tempo che egli stesso per se medesimo ha escogitato. L’esperienza
comune, diretta o indiretta, non vale per più di un giorno o due.
Il fine manifesto di questo modus currendi è quello di annullare
in tutti quel poco che si è conservato dei principi fondamentali
di cautela e prevenzione.
Percorsi almeno un centinaio di metri del budello, volto
l’angolo e tre passi dopo mi trovo il corridoio ostruito. Lo scavo
ha tagliato anche il marciapiede residuo compiendo una curva ad angolo
retto, senza alcun preavviso. Pur volendolo, è impossibile varcarlo
poiché al di là c’è un mucchio di terra di
riporto alto quanto me. In vista, nessuno con cui prendersela, né
operai né tantomeno il direttore dei lavori. Faccio dietro-front
e provoco inconsapevolmente una sorta d’effetto domino - dietro
di me, una coda di pedoni. Nel faccia a faccia con la prima persona che
mi seguiva, questa, una donna in chiccheri e piattini, un po’ sorpresa
e un po’ indignata, a qua~’occhi e con accento un po’
straniero, mi fa: «Ma cosa succede stamattina!?». Io, allentando
la morsa di mandibola e mascella, faccio del mio meglio per aggiungere
qualcosa di insensato all’insensatezza generale: «É
in corso lo sciopero dei mass media, l’unico, oggi».
Se, al contrario dell’adrenalina e della noradrenalina,
il cortisolo stronca il desiderio e intorpidisce i muscoli, allora deve
essere la salita di questo ormone che ha causato la mia stanchezza fisica
e la caduta della mia volontà di proseguire fino alla libreria.
Arranco verso casa aggrappato alla speranza che mi rinasca il desiderio:
di andare la prossima volta a comprare, freschissimo di stampa, il libro
che ci rivelerà Cosa è la Donna, per essersi anche lei dall’uomo
lasciata infilar dentro, pigiar nel cu de sac.
Inedito di Augusto Pantoni
|