LA FORTUNA DEI CASTELLANI
Da
decenni ormai il nome della illustre famiglia romana dei Castellani,
orafi, collezionisti e mercanti d'arte, era stato purtroppo dimenticato;
abbandonato dalla ribalta delle cronache artistiche, pressochè
emarginato a livello di studi specialistici. Stessa sorte per quanto
concerne le sedi espositive, sia a Roma, (cosa piuttosto grave),
che in Italia. Ci sono volute la competenza, la perseveranza e l'impegno
economico di una istituzione culturale straniera, in questo caso
americana: il "Bard Graduate Center for Studies in the Decorative
Arts, Design and Culture" di New York, unitamente alla disponibilità
di facoltosi collezionisti, per organizzare, finalmente, una mostra
sui gioielli archeologici prodotti da questa bottega d'arte romana.
Dopo New York e Londra, la mostra è approdata a Roma, allestita
nella splendida cornice del Museo Etrusco di Villa Giulia. Impresa
non facile e irta di difficoltà, portata a buon fine grazie
agli sforzi della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio,
la quale ha dovuto far fronte a numerose difficoltà organizzative:
non ultima quella relativa al netto rifiuto da parte di alcuni collezionisti
a concedere le opere di loro proprietà.
L'attività della famiglia Castellani, presente sin dai primi
decenni dell'Ottocento, si va specializzando nello studio delle
antiche tecniche di lavorazione dei metalli pregiati come l'oro
e l'argento. Questo grazie all'intuizione e all'impulso del capostipite,
Fortunato Pio Castellani (1794-1865), il quale riesce a coniugare
una fiorente attività economica e la ricerca artistica. Avvalendosi
della collaborazione del duca Michelangelo Caetani - amico e mentore
della famiglia - la passione per l'antico li spinge a raccogliere
una ricca collezione costituita da ceramiche, bronzi e oreficerie
provenienti dai grandi siti dell'Etruria e della Magna Grecia.
Il ricco patrimonio classico, le opere degli artigiani
medievali e degli artefici del Rinascimento, costituiscono la fonte
primaria di ispirazione nella progettazione delle loro opere, che
riscuotono un ampio successo in patria e altre i confini nazionali,
suscitando al contempo l’ammirazione di intellettuali, illustri
esponenti dell’aristocrazia ed artisti di rinomata fama legati,
ad esempio al movimento preraffaellita.
L’opera dell’oreficeria Castellani, come quelle coeve
che si vanno affermando in Italia e all’estero, è chiaramente
riconducibile a quel movimento di pensiero denominato, a volte con
palese disprezzo, “storicismo antiquario” o “eclettismo”.
Movimento che investe tutti i campi dell’arte; dalla pittura
alla scultura, dall’architettura alle arti decorative. Più
che altrove è proprio a Roma , culla della cultura classica,
che questa esigenza di riappropriarsi del lessico stilistico dell’antichità
e dei fasti rinascimentali, trova il suo centro d’elezione.
A proseguire l’opera di Fortunato Pio saranno i tre figli
maschi: Alessandro (1823-1883), Augusto (1829-1914) e in parte Guglielmo
(1836-1896). Quest’ultimo si dedicò nella maturità
alla ceramica artistica.
Alessandro, ritenuto da molti, a ragione, il genio della famiglia,
è un personaggio particolare e piuttosto complesso per la
sua versatilità. Le vicende artistiche vanno di pari passo
con i suoi convincimenti politici. Fervente repubblicano, convinto
e tenace anticlericale, assertore della laicità dello Stato,
è costretto ad espatriare per sfuggire alle persecuzioni
politiche dello stato Pontificio. A Parigi apre un negozio di successo,
dove sono in mostra le eleganti oreficerie della Maison Castellani.
Fra i suoi clienti si annoverano principi, imperatori, membri influenti
dell’aristocrazia europea e i ceti emergenti della borghesia
imprenditoriale. Riesce a tessere rapporti con personalità
della cultura, direttori di musei americani e inglesi ai quali vende,
oltre la produzione propria, ceramiche, sculture e reperti archeologici.
La sua attività di artista, collezionista e mercante d’arte,
lo porta ad aprire a Napoli intorno agli anni sessanta dell’Ottocento,
una propria bottega d’arte orafa e un laboratorio di ceramica,
specializzata nelle copie in stile della figulina medievale e rinascimentale;
è li che si forma il figlio di Alessandro, quel Torquato
Castellani che diverrà un esponente significativo della ceramica
artistica romana dell’Ottocento. A Roma, divenuta Capitale
del Regno, Alessandro è tra i fondatori del Museo Artistico
Industriale (1874), istituto che aveva il compito di formare nel
gusto e nella tecnica degli artigiani a supporto dell’industria
manifatturiera. Alla sua morte, una gran parte della collezione
di antichità, viene messa all’incanto e acquistata
da prestigiosi musei francesi, inglesi, americani.
Augusto, che ben presto si sintonizza con il clima politico della
città dissociandosi dalle idee “sovversive” del
fratello maggiore, prosegue l’attività paterna a Roma,
nel suo palazzo a Fontana di Trevi. Il suo studio e i suoi laboratori
sono la metà imprescindibile per ogni illustre visitatore
proveniente all’estero e la sua clientela annovera personaggi
di chiara fama internazionale.
Molto attivo nel campo politico e culturale Augusto Castellani ricoprì
per anni la carica di consigliere del Municipio romano. Fu esponente
di primo piano nella organizzazione delle officine annesse al Museo
Artistico Industriale, e in qualità di Direttore onorario
dei Musei Capitolini contribuì non poco all’arricchimento
delle collezioni museali. L’atto di amore più importante
verso la città è costituito dal legato che prevedeva
alla sua morte la donazione al Comune di Roma di gran parte della
preziosa collezione privata, formata oltre che opere relative alla
ceramica etrusca, romana e greca, gioielli classici e prototipi
forgiati nel suo laboratorio, libri e una interessante documentazione
d’archivio. Le ultime volontà di Augusto Castellani,
dopo una serie di vicissitudini familiari, furono onorate dal figlio
Alfredo (1853-1930), anche lui orafo e collezionista. Con la morte
di quest’ultimo si chiude definitivamente l’era raggiante
dell’oreficeria archeologica dei Castellani
Oggi buona parte della collezione Castellani, è conservata
presso i Musei Capitolini e nel Museo Etrusco di Villa Giulia Questo
corpus, arricchito dagli esemplari provenienti da collezioni private,
sia italiane che estere, e alle raccolte presenti nei musei anglosassoni,
costituiscono il nucleo centrale della mostra romana.
La fortuna dell’oreficeria Castellani non ebbe lunghissima
vita. Essa cominciò a declinare lentamente, ma inesorabilmente,
sul finire del secolo XIX. Il cambiamento del gusto da parte del
pubblico, favorito dal rinnovamento del linguaggio artistico rappresentato
del nascente movimento modernista che aveva nello stile Liberty
la sua massima espressione, segnò definitivamente l’attualità
del “gioiello archeologico”, fin troppo ancorato ad
una epopea che non aveva più legami con l’attualità
storica.
Tuttavia, gli esemplari esposizione: copie in stile e opere ispirate
all’oreficeria classica, medievale e rinascimentale, riescono
ancora ad affascinare il visitatore odierno; vuoi per la qualità
della tecnica che per la ricchezza intrinseca della materia, ma
soprattutto, per alcune soluzione formali e decorative di grande
attualità che riescono a superare le barriere del tempo e
i ritmi altalenanti del gusto e della moda.
Significativa, in questa direzione, è la traduzione in italiano
del voluminoso catalogo pubblicato in occasione della mostra organizzata
a New York. Il volume è ricco di contributi e comunicazioni
che hanno visto impegnati a più livelli famosi specialisti
del settore. Ne è uscito fuori l’affresco di una società
e del suo credo artistico che meritano la nostra attenzione e una
generale riscoperta dopo decenni di oblio ed emarginazione culturale.
Roberto Cristini
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