LA VERITÀ NON
HA BISOGNO DI TRADUZIONI
Sidney
Pollack, vecchio mago del thriller ci impasta e ci condisce scialando
senza risparmio nel repertorio del genere il più classico
degli intrighi a sfondo internazionale, epigono del grande Hitchcock
(e come lui si concede lo sfizio di apparire nel suo film, non come
figurina di passaggio, ma in una particina parlate. Memorabile la
scenografia reale dei labirinti e delle sale all’interno dell’ONU,
sacro territorio internazionale mai contaminato dalle cineprese
(impresa che non riuscì nemmeno al grande Alfred!); scenario
veritiero ed emozionante delle disavventure di Silvia Broome (Nicole
Kidman), interprete impiegata nelle traduzioni simultanee che, per
puro caso, ascolta ignoti terroristi decisi a far fuori il dittatore
di uno stato africano accusato di genocidio, il cui arrivo è
imminente nel gran Consesso. A proposito, la donna che ascolta per
caso il progetto di un delitto non vi ricorda anche un pò
l’antico “Terrore che corre sul filo” (anche se
tutt’altra storia) di Anatole Litvak?—Si dà il
fatto che la nostra interprete conosce il “Ku”, il raro
idioma africano con cui si esprimono gli attentatori. Da qui altri
strani casi, coincidenze e fatalità che legano sempre più
l’incauta ragazza a una ridda di ipotesi che la coinvolgono
nell’affare politico—poliziesco.
Si scoprirà che il fratello di Silvia è
una delle tante vittime del dittatore e lei stessa compagna di lotta
e amante del defunto capo dei ribelli. Insomma, solo per spiegarvi
per bene i complicati risvolti e le rivelazioni dell’intricatissimo
giallo ci vorrebbero una trentina di cartelle almeno… E perché
poi?
E’ buona tradizione non svelare le soluzioni del complicato
gomitolo, lasciando all’attento spettatore (non distraetevi
però!) decidere chi sono i buoni e i cattivi.
Sean Penn è l’agente Tobin Keller impiegato
nella triplice indagine: sulla affascinante interprete, sugli attentatori
e i complici, nonché sulla protezione del vecchio presidente
Edmund Zuwanie (il vecchio attore inglese Earl Cameron). Lo svagato
Sean (ha sempre quell’aria un po’ trasognata e distratta)
deve interpretare anche il dolore dell’agente che è
vedovo recente e inconsolabile, nonché correndo da una parte
all’altra di New York, affascinarsi e innamorarsi anche un
pò della stupenda Kidman, come da prassi consueta agente/testimone.
Ma l’affare amoroso non si concluderà: resterà
solo un pò di tenerezza e di rimpianto, con stile sicuramente
più elegante di eventuali intromissioni erotiche che certo
avrebbero distratto dal nodo (ripeto, complicatissimo) della storia.
Godetevi l’ottima ricetta di Pollack, ben scritta, ben girata
e ben presentata, consumatela senza riserve etico—sociali
(altrove ci occuperemo di impegnati “tranche de vie”)
e senza rimorsi: si digerisce tutto benissimo!
Luigi M. Bruno
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