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Pirro Ligorio
LIBRI DELLE MEDAGLIE DA CESARE A MARCO AURELIO COMMODO
Con saggio introduttivo di Patrizia Serafin Petrillo
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Manoleste

Sua Santità ha recentemente accusato i romani di trattare con disprezzo i rom che salgono sui mezzi pubblici. E’ vero, ma dovrebbe anche raccontarla per intero. Tuttavia suggerisco di non inseguire facili stereotipi: se alcuni delinquenti abituali sono noti, palesi e sfacciati, non sono i più pericolosi. Alludo ai distinti, quelli che ti chiedono sempre informazioni davanti alla banca o all’ufficio postale; quei signori tanto gentili – troppo – che si offrono di portarti i bagagli alla stazione Termini o girano frettolosi per scompartimenti e corridoi dei vagoni senza neanche una borsa e solo per scendere due minuti prima che il treno parta. Scommetto che alcuni sono persino incensurati.
A scanso di equivoci, non sto parlando di chi ruba per fame e può esser recuperato dai servizi sociali, ma dei professionisti recidivi. E qui il consiglio è uno solo: non fissatevi su ciò che un uomo sembra, ma su quello che fa.
Tanto per fare un esempio: alla fermata dell’Atac tutti guardiamo a sinistra per vedere se arriva l’autobus; ma se qualcuno invece fissa le borse, allora non va bene. E ricordatevi che il ladro non è mai solo: ha sempre un complice che si mette davanti alla porta e rallenta il flusso in uscita, oppure segnala la preda al compare, o ti distrae chiedendoti un’informazione mentre l’altro ti mette la mano in tasca. Ed ora guardatevi intorno : scoprirete che troppi si fanno avvicinare da tutti, che tengono i soldi o il bagaglio personale in modo sbagliato; che non chiudono la borsa; che non si guardano mai alle spalle o con troppa disinvoltura prendono i soldi al bancomat senza chiedersi se qualcuno li stia osservando, o peggio, lasciando in giro lo scontrino. E non sono sempre turisti o provinciali.
Mi è capitato di metter sull’avviso un gruppo di ragazzi romani, solo per farmi guardare strano: a loro proprio non passava per la mente che qualcuno potesse rubargli il portafoglio o il telefonino. Eppure non erano sprovveduti, sicuramente nella loro periferia sapevano riconoscere a volo i ladri d’auto o gli scippatori. In ogni caso chi ha un negozio o gira sempre a piedi o prende i mezzi pubblici ha un occhio più allenato, riconosce il ladro anche dall’andatura (furtiva o casuale), diversamente da chi guida e deve solo controllare semafori e precedenze. Ma siccome le masse di turisti girano per lo più a piedi, i borseggiatori a Roma usano la fiocina, sono scene che vediamo ogni giorno, quindi non dico niente di nuovo.
Fa rabbia però la mancanza di un vero contrasto sistematico e collettivo. Vero è che gli arresti sono frequenti – 600 negli ultimi mesi, su 7000 e passa denunce - ma sappiamo benissimo che per i reati per i quali è prevista una pena inferiore ai tre anni non c’è la pena detentiva ma solo l’obbligo di firma.
Se poi l’autore del reato è un minore, può essere solo riaffidato ai genitori, ma immaginiamo tutti che tipo di rieducazione possono dare le famiglie a quei gruppi di ragazzine che vediamo sulla metro o persino sotto il Campidoglio.
Si è parlato anche di istituire la polizia turistica (un’altra!), ma basterebbe che gli stessi vigili si diano da fare sul serio, tanto certe facce son sempre le stesse, né basta mascherarsi da turisti.
Sarà un caso, ma da quando il Messaggeroha pubblicatofoto inequivocabili di flagranza di reato, ai piedi del Campidoglio stazionano sempre un paio di vigili. Ma non è solo una questione di presidio: non si capisce p.es. perché alla stazione Termini non esistano da anni né facchini né carrelli, col risultato di rendere stanziali quelli che onestamente o meno ti vogliono per forza aiutare a portare i bagagli.
In sostanza, a Roma vogliamo il turismo perché fa comodo, ma non sappiamo proteggerlo. E qui metto in conto anche le guide turistiche improvvisate, i tassisti abusivi, i chioschi mobili senza prezzi segnati, i B&B fai-da-te, i conti taroccati al bar e al ristorante, i posteggiatori e truffe varie.
Niente di strano se poi il britannico Foreign Office, l’omologo del nostro Ministero degli esteri, mette ufficialmente in guardia i propri concittadini che vengono a Roma.
Ha un bel dire il nostro sindaco che quelle son notizie false, che i romani si sono offesi (!) e che anche Londra è pericolosa: nella percezione urbana il borseggio è una piaga sociale priva di un deterrente credibile, divenuta endemica in seguito ad una cattiva gestione dell’ordine pubblico, aggravata sì dalla crisi economica, ma anche dalla pratica giudiziaria. Le sentenze della magistratura vanno sicuramente rispettate, ma se una società cambia, perché mai le leggi dovrebbero restare quelle di cinquant’anni prima, quando un problema era marginale? E se la protervia dei delinquenti spingesse i cittadini a far da soli, sarebbe forse meglio? Che senso ha mandare i soldati nei Balcani se non sappiamo poi gestire i Balcani trasferiti a Roma? E se per legge si proibisce ai tifosi violenti di frequentare gli stadi per mesi o anni interi, perché invece si permette al ladro appena rilasciato di salire di nuovo sul 64?
A parte l’affollamento delle carceri, sicuramente a favore del garantismo italiano ha influito a suo tempo l’idea democratica di non permettere dopo il Fascismo leggi che potessero essere usate anche contro i dissidenti politici. Solo che la Germania ha avuto una dittatura peggiore, ma non per questo ha leggi più generose di quelle italiane, anzi. Ed è ovvio che il delinquente – italiano o straniero non importa - sceglie il paese dove rischia di meno; è umano che lo faccia. Quindi, occhio al portafoglio.


Marco Pasquali
ottobre-novembre 2014

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