DemosKratia - Il nuovo Paradigma contemporaneo (2° parte)
Sociologo francese Alain Touraine, osservando le trasformazioni in atto, individua un nuovo paradigma che potrebbe aiutarci a comprendere il mondo contemporaneo. Nel suo libro Un nouveau paradigme tradotto in Italia come La globalizzazione e la fine del sociale e nelle sue numerose interviste, Alain Tourain ci spinge a ripensare alla realtà e a leggere il mondo contemporaneo abbandonando i nostri vecchi modelli e categorie di riferimento.
Semplificando, il nostro modello di riferimento era espresso con un paradigma economico-sociale: “classi sociali e ricchezza, borghesia e proletariato, sindacati e scioperi, stratificazione e mobilità sociale, disuguaglianze e redistribuzione (..)”. Con l’avvento della globalizzazione e del capitalismo finanziario, tutte le istituzioni sociali (nazionali), che ci aiutavano a pensare e costruire la società, hanno cominciato ad essere sempre meno utilizzabili e quindi a svuotarsi di significato: “non sono in grado di controllare i sistemi economici che agiscono ad un livello più ampio”. L’economia globalizzata, e dunque sovranazionale, le ha rese di fatto marginali. Oggi la società è totalmente separata dal sistema economico ed in balìa dei conflitti provocati dalle contrapposizioni culturali e religiose.
Per Alain Tourain ne consegue la disgregazione sociale dovuta alla “dissoluzione di meccanismi di appartenenza a gruppi e istituzioni capaci di rendere stabile la propria coesione interna e di gestire le proprie trasformazioni” ci deve portare alla riformulazione del pensiero sociale, che individui altre categorie affinché l’inquietudine e l’angoscia per la perdita dei punti di riferimento abituali, non ci spinga ad accogliere posizioni regressive di tipo “pseudo-religioso”, “pseudo-politico, di “comunitarismo e ossessione dell'identità”, di “edonismo individualista sfrenato, che alimenta la psicosi e la violenza su se stessi e sugli altri”.
Questi fenomeni sono evidenti nel caso americano dopo la caduta delle torri gemelle a New York. Dal 2001 la situazione, già grave per l’aumento delle disuguaglianze e per la disgregazione della società, è peggiorata a causa della paura della violenza e della guerra. Come reazione, il presidente Bush con la sua equipe d’ideologi, ha ricreato le condizioni psico-ideologiche per condurre una vera e propria guerra santa in nome del Bene contro il Male.
Altrettanto esposta a forze disgreganti è l’Europa, dove l’indebolimento delle identità nazionali non è stato compensato dalla formazione di un’identità continentale. “L’Europa è l’esempio più probante di creazione di un insieme politico ed economico sovranazionale, ma la sua realizzazione è stata vissuta dalla popolazione come il frutto di un’iniziativa presa da dirigenti politici fermamente schierati, durante la Guerra fredda, dalla parte degli americani”. La mancanza di una legittimazione della maggioranza popolare e di una coscienza identitaria, non ha dato forza al progetto di una Costituzione che avrebbe reso almeno più facile l’esercizio di una politica internazionale comune, dando all’Europa un peso più rilevante a livello geopolitico.
Una nuova dimensione sociale, che possa fronteggiare gli aspetti della globalizzazione, può ripartire invece dall’idea di “Soggetto”: il riconoscimento del “Soggetto” nella sua dignità di essere umano, portatore di proprie specificità e di propri diritti culturali da rispettare e tutelare come quelli di ogni altro soggetto in contrapposizione alle logiche spersonalizzanti di massificazione e di mercato. Si può uscire dal mero individualismo per ritrovarsi nel sé.
Cercando di fornire dei semplici flash della trattazione profonda e complessa di Turaine, il sociologo francese ci incoraggia a prestare attenzione e dare peso ai movimenti come quello femminista o quello ecologista, che stanno avendo un ruolo di primo piano nel ritorno al soggetto.
Tourain auspica la formazione di soggetti personali, che non si sottraggano ai loro doveri sociali e che maturando una vera e propria coscienza civica si sentano responsabili della vita politica e sociale riconoscendo la superiorità della cittadinanza rispetto ai comunitarismi, che tendono a minare seriamente la base della libertà individuale.
Accanto ai diritti politici è l’idea dei diritti umani, insieme a quelli di soggetto (diritti culturali), a offrire la migliore difesa di fronte a tutte le forme di dominio sociale. I diritti culturali, sebbene specifici di categorie, possono dialogare con i diritti politici arricchendo la vita pubblica: il rispetto dei principi generali (o universali) è del tutto compatibile con l’ammissione della pluralità delle forme culturali esistenti che, ancorché minoritarie, hanno in se il germe dell’universalità. “Senza il carattere individuale di un diritto non si potrebbe trasformare la tolleranza nei confronti di certi gruppi in diritti culturali. La legge, dunque non deve riconoscere la libertà di esercizio di culto se non è in grado di proteggere colui o colei che non vuole più essere un fedele di quella chiesa, desidera uscirne o, eventualmente aderire ad un'altra religione.”
La centralità dell’universalismo del soggetto e l’esigenza etica possono far nascere un rinnovamento delle istituzioni, svuotate dal loro significato, e dare linfa vitale a una politica, che è ormai "una realtà molto degradata e travisata”.
Oggi la politica deve favorire la nascita di nuovi attori sociali passando per il soggetto e i suoi diritti; solo allora la democrazia, che oggi appare svuotata di senso, ritroverà il suo significato come espressione dei soggetti democratici.
Solo il rinnovamento della società può consentirci di mettere a punto le politiche sociali che ci permetteranno di superare l’attuale crisi, modificando obiettivi e soprattutto le nostre modalità di intervento pubblico.
Claudia Bellocchi
agosto/settembre 2014
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