Poemetto tra i denti di Rita Iacomino
Le visioni della poesia
Alcune persone ambiscono all’utilizzo delle parole per evocare delle immagini, evocazione difficile da raggiungere se non si ha la capacità di focalizzare le proprie visualizzazioni e comunicarle. Una lacuna che non si trova nello sfogliare le pagine dell’ultima raccolta di poesie di Rita Iacomino.
In Poemetto tra i denti le pagine scritte si trasformano in visioni per liberare una serie di sensazioni e respirare le atmosfere di ogni singola descrizione.
L’autrice alterna il proprio coinvolgimento nel quotidiano con il bisogno di ritrarsi nelle confortevoli immagini intime, per poi trovare la sua più riuscita espressività nelle parole scelte per le opere d’arte e i luoghi che l’autrice ha incontrato nel suo viaggiare.
L’inizio della raccolta afferma Non posso scrivere una poesia civile, ma appare come una contraddizione leggendo la serie di istantanee di città, musei, gallerie, dopo una ventina di scritti dedicati alla quotidianità della vita, per poi insinuarsi tra le parole di un museo immaginario.
È come percorrere, pagina dopo pagina, le sale di un museo ideale e, come nell’ironico libricino su Una visita guidata alla National Gallery che Alan Bennett propone, Rita Iacomino offre la possibilità di non andare al museo per vedere le opere, ma come stimolazione di vita, esperimento per l’esaltazione dei sensi. Tutti i sensi vengono coinvolti, anche il tatto e il gusto, per calarsi in un’esperienza ultra terrena, fuori dai canoni fisici, e addentrarsi nell’ambito delle percezioni.
Il “Museo” di Iacomino, a differenza di quello inventato da Orhan Pamuk, esiste percorrendo le briciole lasciate tra le pagine del libro.
Quale miglior descrizione può esserci per sintetizzare l’arte di Botticelli se non queste righe:
Una linea morbida e scura
inchioda la musica
nella gola del cantore.
Neppure un bacio scioglie la sua bocca.
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