LA DANZA DEL MONDO
Ritmi del narrare
Il nuovo romanzo di Maria Pia Ammirati "La danza del mondo" racconta l’inquietudine, la ricerca appassionata di un’autenticità, di una vita che vuole fondarsi, radicarsi con forza su una propria, essenziale verità. La protagonista è una trentenne in bilico tra due amori, due storie distinte e parallele vissute all’interno di un’esistenza stabile ma insoddisfacente. Tra le diverse prospettive, la pluralità di azioni e scelte che si presentano, Linda decide l’azzeramento, il ritorno a una condizione originaria, a un punto potenziale dell’essere. Un’azione radicale che mette a nudo le proprie contraddizioni, le paure e i desideri fino alla radice. Questa ricerca comporta un viaggio che, senza mete precise, diventa un errare e un errare si fa anche, inevitabilmente, errore, esperienza. Errare per essere. Linda volge il suo sguardo, la sua fuga al sud, perché le radici sono in basso, il viaggio è una discesa. Fuori da ogni cliché questo sud dell’anima si popola di personaggi dai contorni decisi, figure di dolcezza e dolore immerse nell’abbacinante luce meridiana. “La vita può essere una rovinosa sorpresa, un accidioso dilemma sospeso tra il restare e l’andare, tra il continuare e lo smettere.” La dicotomia crea un ritmo che diventa, nelle pagine di questo libro, la musica su cui danzano i personaggi nella più vasta coreografia del mondo. Ritmo che alterna voci, luoghi e tempi della narrazione. Pulsione ontologica che trova l’essere di là dalla sua stessa soggettività. Qui le cose più semplici come l’amore, l’amicizia, la maternità o la paternità sembrano potersi fondare solo su uno strappo, un dolore necessario per essere, per darsi. Una rivolta profonda, integrale, passa per il corpo, la fisicità: ”Non ero riuscita a trattenere né l’uno né l’altro, le mie cavità fibrose si liberavano con sollecitudine, senza lasciare tracce. Il mio corpo non funzionava secondo natura. Si ribellava, alla natura.” Solitudine, perdita, perfino la violenza subita diventa il costo di una vita liberata, riformata dal suo interno, consapevole; così come il confronto con i fantasmi dell’infanzia diventa il prezzo della crescita, della maturità.
Una scrittura precisa, asciutta, senza enfasi o barocchismi, tesa fino allo spasimo ci conduce in un mondo il cui nervo è completamente scoperto e duole.
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