ANTICHE TRASPARENZE
Il vetro è un composto di vari materiali, tra cui predomina il silicio, portato a temperatura di fusione: il risultato è un composto lucido e trasparente.
Il vetro compare nella vita dell'uomo alla metà del I millennio a.C. in Mesopotamia per poi affermarsi in Siria ed in Egitto dove conobbe grande popolarità.
Risultato della fusione era un materiale pastoso che poteva essere lavorato creando manufatti di uso comune o di lusso; aggiungendo varie sostanze si ottenevano oggetti colorati che ebbero grande diffusione in tutto il bacino del Mediterraneo soprattutto durante l'età Ellenistica quando la raffinatezza della lavorazione raggiunse livelli molto elevati; vasi trasparenti o multicolori, decorazioni in foglia d'oro, balsamari.
Anche a Roma fu molto apprezzato l'uso del vetro che entrò in competizione con le argenterie e la ceramica.
Nel I secolo a. C. in area siro-palestinese fu scoperta la lavorazione del vetro mediante soffiatura, il che consentì lavorazioni più veloci ed economiche: si formarono grandi laboratori in varie aree dell'Impero che sfornarono produzioni sia di uso corrente che di lusso; oltre al consueto vasellame da tavola si diffuse l'uso di fialette, talvolta a forma di animale, utilizzate come contenitore di profumi. Molto apprezzati erano vasi con due o più strati di vetro di diversi colori su cui un artigiano specializzato, il diatretarius, effettuava intagli con splendidi effetti estetici.
Spesso le mode cambiavano e si alternavano lavorazioni miste a soffiatura e fusione con vetri colorati o con soffiatura con vetro bianco sottile e trasparente o composizioni con foglia d'oro costituite da due strati di vetro con inclusa una immagine incisa su foglia d'oro.
Molto apprezzati gioielli in pasta vitrea, cammei e anelli; grandi contenitori in vetro furono anche utilizzati come urne in sepolture ad incinerazione.
Nel suggestivo ambiente della Curia Julia al Foro Romano la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma ha organizzato in collaborazione con Electa una mostra, a cura di Maddalena Cima e Maria Antonietta Tomei, che ripercorre attraverso un itinerario cronologico la storia del vetro con particolare riferimento all'epoca romana: i pezzi esposti sono trecento quasi tutti provenienti da musei italiani tranne sei originari di Treviri, in Germania, sede in epoca tardo imperiale di fiorenti officine vetrarie.
Il percorso si snoda tra vetrine che espongono manufatti di vario tipo, policromi, trasparenti, incisi, mosaici in pasta vitrea, collane.
La mostra presenta alcuni pezzi molto interessanti, tra cui spicca il piatto di Albenga, proveniente da una necropoli locale e datato all'inizio del II secolo d.C.: al centro porta incisa una scena di ispirazione dionisiaca con due figure. Si ritiene opera di manifatture di Alessandria d'Egitto e sembra appartenere ad una tipologia di cui sono stati trovati reperti in Afghanistan in una località sede dei re della dinastia Kushana erede dei regni greco-battriani formatisi dopo la spedizione di Alessandro Magno.
Altra curiosità, che conclude la mostra, è l'esposizione di elementi vitrei a forma di sfera facenti parte di alcune insegne militari recentemente ritrovate in un nascondiglio alla base del Palatino, che si pensa essere state di Massenzio e nascoste al momento della battaglia di Ponte Milvio.
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