Restauro "angelico"
Il 18 aprile, nel corso della Settimana della cultura, nella Galleria Nazionale d'Arte Antica in Palazzo Corsini è stato presentato il restauro di un trittico di Beato Angelico.
Il restauro è stato coordinato dalla Soprintendente Vodret e finanziato per la parte centrale, tre anni fa, dal Comitato Nazionale per i 550 anni dalla morte dell'artista mentre per i due pannelli laterali si è operato con il finanziamento della Fondazione CittàItalia costituita nel 2003 con lo scopo di coordinare donazioni e finalizzarle al restauro di opere d'arte; il costo è stato di 25.000 euro.
Il trittico di piccole dimensioni, altezza 55 cm., è dipinto a tempera d'uovo su tavole di pioppo di 1 cm. di spessore, è datato intorno al 1450 e secondo Alessandro Zuccari sarebbe stato dipinto a Roma come oggetto di devozione privata e commissionato dal Cardinale Torquemada senior o da qualcuno della sua cerchia culturale. Del dipinto comunque non si hanno notizie sino alla metà del '700 quando fu donato al Cardinale Corsini divenuto poi Papa Clemente XII, da allora è rimasto nel Palazzo, ora sede della Galleria, ammirato nel corso dei secoli da molti visitatori.
Il pannello centrale rappresenta il Giudizio Universale, i laterali l'Ascensione e la Pentecoste; da vari storici sono stati presentati dubbi sull'autenticità dei pannelli laterali ritenuti di bottega ma dopo il restauro è stata unanimemente assegnata all'artista l'intera opera con modesti interventi degli allievi. Le condizioni del trittico erano critiche per il sollevamento dello strato pittorico, fessurazioni del supporto, lacune di colore, danneggiamenti dovuti a tarli, interventi restauratori maldestri o alterati, rattoppi sulle zone trattate a foglia d'oro fatti con la porporina, sull'intera superficie uno strato grigiastro di materiale proteico. I restauri durati un anno e mezzo hanno consolidato i sollevamenti, eliminato le sconnessioni, le vernici ossidate e gran parte degli antichi restauri ripristinando le cromie originali; dagli esami sono emersi i disegni preparatori in carboncino e sono stati rimessi in giusto valore le parti trattate con foglia d'oro specie le aureole dei Santi e la grande mandorla che accoglie Cristo ed il bellissimo cielo dipinto con polvere di costosissimo lapislazzulo.
L'artista nacque a Vicchio nel Mugello alla fine del '300, entrò nell'Ordine Domenicano con il nome di Fra Giovanni da Fiesole ma è noto con il nome di Beato Angelico datogli dal Vasari per la dolcezza e la soavità dei sui dipinti; peraltro è veramente Beato in quanto nel 1984 Papa Giovanni Paolo II lo ha proclamato tale inserendolo tra i protettori degli artisti. Forse fu allievo di Lorenzo Monaco ma si ispirò anche a Masaccio e al Brunelleschi per le prospettive anche se molti storici d'arte individuano in Giotto una sua lontana fonte di ispirazione. E' apprezzato per la sua capacità di trattare i fondi oro e per la sua sensibilità cromatica che privilegia colori puri e luminosi forse anche derivati dalla sua iniziale attività di miniatore. Dopo aver lavorato per committenze religiose e laiche, sempre con soggetti di carattere religioso, fu assegnato al Convento di San Marco a Firenze, ora divenuto museo, in cui affrescò, con aiuti, celle, corridoi e sala capitolare.
Tra il 1445 e il 1449 fu a Roma dove per incarico di Papa Niccolò V dipinse serie di affreschi in tre diverse cappelle delle quali purtroppo resta solo la Niccolina; nei periodi estivi soggiornò a Orvieto dove insieme all'allievo Benozzo Gozzoli iniziò ad affrescare nel Duomo la Cappella di San Brizio poi terminata da Signorelli. Nel 1449 fu eletto priore del Convento di San Domenico a Fiesole e continuò a dipingere opere di alta qualità tra cui spicca l'Armadio degli Argenti per la chiesa fiorentina della Santissima Annunziata. Tornò a Roma, forse su richiesta papale, ma vi morì nel febbraio del 1455; è sepolto nella chiesa domenicana di Santa Maria sopra Minerva e la sua tomba terragna si vede ancora accanto all'altare maggiore. Sulla lastra tombale un epitaffio latino in versi, forse di Lorenzo Valla, uno dei quali lo definisce “velut alter Apelles”.
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