ESTIVE CAUTELE D'OCCIDENTE
È dall'11 settembre 2001 che gli organi d'informazione, come anche i politici, non si fanno sfuggire alcuna occasione per declamare: "nulla sarà come prima". Sicuramente dopo la tragedia statunitense nulla è stato più come prima. Una restrizione delle libertà individuali e una crescente diffidenza verso il prossimo sconosciuto ha portato ad una maggiore contrazione della fiducia verso il futuro condizionando le prospettive di libertà degli altri popoli.
Alcuni cambiamenti nel Mondo arabo in quest’ultimo anno non hanno attenuato le “cautele” in un continuo divenire. Le proteste e le rivolte in Tunisia, Egitto e Libia hanno forzato le diplomatiche prudenze dei governi occidentali e dei loro interessi.
Ora l’Occidente, dopo il contropiede subito, preme per consolidare il panorama geopolitico, optando sul negoziato per superare le tensioni e lo scontento, cercando di far incontrare i rappresentanti governativi e le opposizioni di quelle realtà dove i regimi hanno preferito reprimere anziché concedere migliorie economiche e aperture politiche.
Nell’arco di un anno l’Occidente ha potuto soppesare i pro e i contro dei singoli cambiamenti nel Mondo arabo, ma la scelta delle vie diplomatiche ha dato vigore alle attività repressive dei governi autoritari, indugiando ed evitando di giungere a compromessi.
In Siria i continui tentennamenti dell’Occidente hanno permesso ai militari di operare indisturbati con armi pesanti e milizie filogovernative degli Shabiha per le esecuzioni sommarie di donne e bambini. Ora l’Occidente alza la voce e numerosi ambasciatori siriani vengono espulsi dalle capitali europee e come risposta Bashar al Assad dichiara indesiderati alcuni ambasciatori, tra i quali anche quello italiano.
Gli Stati uniti, come l’Europa e la Russia, vorrebbe che tutto fosse come prima o che i cambiamenti siano moderati, preferendo per la Siria una soluzione yemenita con una sostituzione all’interno dello stesso entourage governativo. Questi moderati cambiamenti non contemplano una spartizione della Siria con la realizzazione di un micro Stato alawita, ma salvaguardare lo Stato, liberandolo dalla gestione dispotica di un ristretto gruppo e dagli avvoltoi che approfittano della crisi per comprare pezzi di Siria, per riconsegnarlo alla popolazione, garantendo la convivenza di tutte le confessioni è anche l’appello del gesuita Paolo Dall'Oglio, impegnato i una trentennale opera di dialogo tra religioni, che ha rivolto a Kofi Annan.
Gilles Kepel, islamista francese, ritiene che non conviene a nessuno che il regime siriano crolli. Assad ne approfitta continuando a tergiversare sull’attuazione del piano di Kofi Annan e gridando al Mondo che la Siria è vittima di una guerra fomentata dall'estero.
L’Occidente sta vivendo un momento di grande conflitto interiore: vorrebbe dare Libertà e Democrazia ad ogni persona in ogni luogo, ma non vorrebbe che questo gli si rivolgesse contro.
Con la Democrazia ogni persona ha il desiderio di esprimere le proprie convinzioni e così si moltiplicano partiti e movimenti. Una frantumazione del panorama politico che favorisce le monolitiche rappresentanze religiose rispetto alle istanze di laicità dalle varie sfumature.
L'islamismo politico, in occasione delle elezioni, non si differenzia di molto dalla Democrazia Cristiana degli anni ‘50 e ‘60 e così avviene con i Fratelli musulmani, che mescolando la religione con lo stato promettono in cambio del voto celestiali premi, per poi scoprirsi pragmatici.
Un banco di prova ne è l’Egitto dei religiosi e dei militari, con una scena politica radicalizzata dal ballottaggio tra Mohammed Morsi, esponente dei Fratelli musulmani, e Ahmed Shafik, ultimo primo ministro dell’era Mubarak. Un’estremizzazione delle scelte che non lascia spazio al popolo di piazza Tharir. Un’insoddisfazione popolare che preferirà percorrere la via pilatesca dell’astensione, evitando di consegnare l’Egitto a chi trae ispirazione dalla sharia o da chi promette ordine decretando la fine della rivoluzione nonostante le assicurazioni di entrambi per un governo condiviso e la salvaguardai della rivoluzione, una rivoluzione spiegata da Giuseppe Acconcia nel suo libro La primavera egiziana e le rivoluzioni in Medio Oriente (Infinito editore).
Gli schieramenti teocratici, vittoria su vittoria, vogliono trovare un “equilibrio” tra religione e stato, tra libertà individuali e fede collettiva.
Una situazione che rende l’Occidente maggiormente sospettoso dei cambiamenti, ancor più se in aree dai precari equilibri come lo è il Medio Oriente. Sembra che l’umanità ha lasciato il posto alla realpolitik teorizzata per far convivere le accuse di facciata verso i crimini sulla popolazione e sulla stabilità dell’area. Prima era il Comunismo che salvaguardava il benessere del Capitalismo, ora sono i regimi laicamente autoritari a garantire la convivenza tra religioni e la continuità delle forniture petrolifere.
L’Algeria è strategica per le forniture d’idrocarburi, mentre il Bahrein è prezioso per la presenza navale statunitense nella penisola arabica. Due ottimi motivi che rendono i governi occidentali poco attenti alle istanze di libertà di quei popoli e gli spazi d’informazione disattenti, come per il caso Mali che l’attenzione focalizzata sull’Egitto e la Siria ha reso lontano e confuso dopo il golpe.
Un’instabilità politica che in Libia e in Mali non ha permesso di monitorare lo sciamare delle locuste per la mancanza di piogge nel Sahel e in Africa occidentale, senza poter intervenire efficacemente per salvaguardare le colture dell’area.
Una situazione di conflitto che apre la strada agli altri tre Cavalieri dell'Apocalisse: Carestia, Pestilenza e Morte.
Gruppi integralisti affiliati ad Al Qaida au Maghreb islamique (Aqmi), milizie tribali e la proclamazione dei tuareg dello Stato indipendente dell'Azawad, sono fattori d’insicurezza che coinvolge anche la frontiera libico-algerina suscitando nostalgie del passato nei governi occidentali per la stabilità garantita dai regimi autoritari e nelle popolazioni che preferiscono essere tutelate da un solo dispotico che essere spettatori della libertà di tanti prepotenti. E nulla sarà come prima. |