“ASSEDIO” DI VINCENT SPASARO
- SEGRETISSIMO MONDADORI -
Appunti e citazioni in corsivo di Sarina Aletta
Autentico romanzo di denuncia, “Assedio” è essenzialmente una diffida.
Articolato in 233 pagine, suddivise in 63 capitoli,
parte in sottotono confidenziale con una premessa “Prima che sia notte”.
Gli scenari, devastati nel rinnovarsi della più antica tragedia umana,
sono ormai fondali evanescenti da apocalisse.
“In qualche scorcio di universo, in mezzo ad alcune stelle troppo tranquille, sopra un pianeta azzurro scuro c’era una città fredda
dove due poliziotti stavano appoggiati a un ferrovecchio arrugginito,
uno in piedi a lucidare nella pioggia i fari dell’auto e l’altro seduto
al posto del guidatore, di traverso e con le gambe fuori dallo sportello.
E, proprio in quel momento...
Il luogo è Sarajevo, chiusa nell’abbraccio cupo delle montagne
e di infinite chiese. Città alta, che fu la “Aquae Sulphurae" dei romani,
devastata, incendiata, cancellata e risorta sempre, dall’Età della pietra.
Capitale multi culturale e laica della Bosnia-Erzegovina,
era annessa all'Austria quando il 28 giugno 1814,
sul Ponte settentrionale della città avvenne un fatto
che fu pretesto scatenante della prima guerra mondiale.
L’Arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono austro ungarico,
fu ucciso con la moglie Sofia, da Gravilo Princip
studente rivoluzionario della Giovane Bosnia.
Nella storia ricreata da Spasaro quel che resta della bella e fatale Sarajevo,
è una città spettrale torturata e annichilita, distrutta non solo fisicamente, da quarantaquattro mesi di assedio serbo-bosniaco:
l’assedio più lungo della storia moderna:
Accerchiata e totalmente isolata tra il 1992 e il 1996,
chiusa in una trappola infernale senza via di fuga,
Sarajevo è una città fantasma dove solo la morte ha successo.
Kjasif si svegliò. Rumore nelle orecchie. Sangue secco negli occhi.
Buio, vento, freddo. Era nudo...
Bambardamenti, cecchini in agguato ovunque, corruzione senza limiti,
crudeltà sfrenata e sangue. Ma troppo sangue può incrinare il tempo?
Nel turbine di orrori, le pause sono attimi infiniti come attese.
E tutto può accadere. Ma accadrà di più.
- Una cosa è vera, Stefan - Il Cieco sibilò metallo mentre si avvicinava.
- In questo posto non si può morire.-
Allucinazioni e incubi a raffica fino all’incalzare di un crescendo finale che, a un attimo dall’irraccontabile, chiuderà inaspettatamente in minore.
Nella narrazione del giovane autore romano, tessuta di imprevisti,
pause e colpi di scena, traspare, quasi già scritta in molti dettagli
la sceneggiatura di un film horror-dark- thriller, completa di didascalie
ed effetti speciali, attorno ad una storia contemporanea,
paurosamente in bilico tra ragione e follia.
“La Hahn-Kraus si avvicinò al tavolo e scostò il lenzuolo...
- Questa donna tatuata ha circa ottant’anni. Le pitture sul suo corpo
non ci conducono ad alcuna civiltà conosciuta storicamente...
Insomma abbiamo l’onore di ospitare su questo tavolo un reperto storico di inestimabile valore, testimonianza di una sconosciuta società tribale estinta decine di secoli fa.
-Vuole dire che questa...cosa viene dalla stanza 41?-
In un palazzo fatiscente, una stanza vertiginosa e corridoi che si dilatano
e si snodano verso il nulla: non luoghi o bianchi labirinti della mente
dove il tempo è perduto senza prima né dopo.
Ma l’enigma della stanza 41...è forse la livida metafora
della follia dell’Uomo Sapiens, signore incontrastato della guerra?
Ho aperto la porta e non c’era niente. Zero. Neanche il corridoio...
Sono di fronte al nulla
Visione onirica di annunciata fine?
O presagio di un futuro inconcepibile che Spasaro e Stefan Weiss
suo protagonista, hanno percepito...senza poter comprendere?
L’ombra tuffò un braccio nella vasca e tirò qualcosa con forza,
vennero su dei capelli...i capelli erano attaccati a una testa.
Un volto da incubo, verdastro e raggrinzito, guardò il mondo senza pupille. Provò ad aprire una bocca tumefatta, ma la mano del Barone
lo ributtò dove lo aveva preso. Si sentì un gorgoglio sinistro, poi...
Una cosa è certa: questo -Assedio- di Spasaro contagia emozioni
e sospetti a lunga durata, persistenti dopo la lettura:
Brividi come da suoni ad altissima frequenza.
-Non hai sentito?Hanno ripreso a bombardare il Centro.-
Riattaccai. No non ho sentito niente. Qui sembra tutto ovattato.
Poi ripensai alle vetrate luminose. Bombe idiota. Erano bombe.
Mi mossi cautamente verso la porta aperta. Tutto taceva.
La pistola non mi dava la solita sicurezza. Avevo la sensazione
come di un pericolo imminente e inaspettato. L’aria sembrava tremare...
mi sentivo soffocare...
Trapela spesso a tratti, al massimo dell’orrido, un sottofondo grottesco
nel passo crudele del gioco che aggiunge un ennesimo livello
o chiave di lettura al romanzo di Spasaro.
Avanzai verso la vetrata appoggiandomi al muro
ormai avevo lo stipite della porta alla mia destra. C’ero quasi.
Un altro passo. Entrai. Le tempie in fiamme. Il morto non c’era.
Spasaro sviluppa uno stile lucido, concitato, aggressivo,
spesso crudo e sbrigativo, connotato da ritmi imprevedibili
dove in penombra o in controluce affiorano i “personaggi”.
Mostruose creature della guerra. Protagonisti deliranti come l’agente Waiss
o spigolosi come la bionda Osservatrice e comprimari cinici, spettrali,
terrificanti, eppure mai completamente estranei e sconosciuti.
Anche le figure più incredibili tracciate con segno nero e deciso,
astratto o surreal-pazzesco, sono ombre famigliari occulte
drammaticamente vere che ci abitano da sempre.
Fantasmi indelebili come “Il Cieco” depositario-simbolo
di un’ineluttabile destino che attraversa l’Assedio e lo sovrasta.
Poiché nella mente e nella storia umana, come nel presente,
la Pace non esiste, non resta che propiziarla, raccontando spietatamente
mostri e orrori della guerra e immaginando il peggio.
Spasaro, lo fa in modo “esemplare” e cruento
distillandone l’assurda follia oltre i limiti del reale:
in una operazione tenebrosa lucidamente pacifista.
Per lettori umani, specie intelligente e insensata
che sopravvive ormai solo di morte,
un’avventura ad alta tensione mostruosamente “divertente”.
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