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UN BUSINESS AUTORITARIO

La Cina, con l’amplificazione della sua produzione, dimostra una sempre più crescente voracità, difficilmente confrontabile con altre situazioni economiche, se non con le passate guerre di conquista. Ora la Cina accoglie il capitalismo in una struttura oligarchica, alleandosi alla finanza, utilizzando i periodici rapporti delle sempre meno obbiettive agenzie di rating, per speculazioni finanziarie sulla solidità di stati e di imprese. Una potenza finanziaria, quella cinese, edificata sulla migrazione dedita alla produzione di manufatti dalla difficile affidabilità e ampliata sulla fornitura di infrastrutture in gran parte realizzate in Africa.

L’Italia, come l’Europa, è impegnata ad osservare i cambiamenti sulle altre sponde del Mediterraneo, mentre la Cina continua, silenziosamente, a collocare la sua merce nel mercato Occidentale.
Un Occidente benestante, favorito dalla storia, è abbagliato dal miraggio del potenziale serbatoio di miliardi di acquirenti per dei prodotti di qualità, ma è un mercato solo potenziale, in realtà è limitato alle aree urbane. Nelle zone rurali la vita è tuttora difficile per le condizioni e per i prepotenti locali e la Cina, incantando l’Europa e gli Stati uniti, si infiltra nei loro mercati con cloni scadenti.
Un mercato interessato ai prodotti di lusso, ma all’Occidente viene chiesto di essere sbadato sulla situazione autoritaria e flessibile sulla poca attenzione per i Diritti umani.
Una parte del Mondo continua, in nome del profitto, a ritenere poco appagante migliorare le condizioni di lavoro e vita a chi produce, anche per committenti italiani, generi di lusso contraffatti e paccottiglie tossiche.

A Roma, a fine marzo, presso l’Acquario Romano, si è tenuto un incontro dedicato alle “Ombre cinesi sull’economia italiana”, con la partecipazione di vari esponenti politici e di associazioni. L’iniziativa era stata ispirata dalla situazione romana dell’Esquilino, ma è come portare l’attenzione sul contesto nazionale all’illegalità, dal commercio abusivo alla criminalità organizzata che prospera nell’omertà della comunità, dalla produzione in fabbriche lager, con gli operai ridotti in schiavitù allo smercio di materiale contraffatto. Non è solo l’Italia, ma tutto l’Occidente che non vuole vedere e l’Italia come Unione europea tentenna nel prendere dei provvedimenti per salvaguardare la qualità del prodotto e dei Diritti umani.

Il 2010 è stato l’anno della Cina in Italia, tra scambi commerciali e cultura, con le visite di vari esponenti cinesi, tra i quali il premier Wen Jiabao, mentre i nostri politici appaiono indecisi su come comportarsi con l’aggressività commerciale cinese.
Si vuole una rivalutazione dello yuan (o renminbi), ma ci piace tanto acquistare a poco prezzo la paccottiglia cinese. Ci lamentiamo del prodotto tessile di Prato e della sua scarsa qualità, ma siamo attratti dall’abbigliamento a prezzi bassi e per avere dei tessuti di buona qualità ci rivolgiamo direttamente alla Cina, dopo aver esportato macchinari e tecnici. Prato si è trasformato da distretto tessile simbolo della qualità del prodotto italiano a luogo dove lo sfruttamento di intere famiglie scivola nello schiavismo, trascinando la città toscana nel buco nero dell’illegalità asiatica, senza che le autorità intervegano drasticamente per ristabilire i diritti e i doveri del lavoratore.
L’Occidente è causa del proprio male: vuol fare molti soldi senza volerne pagare le conseguenze. L’Unione europea non è capace a mostrare un’unica politica economica coerente e chiara di tutti i paesi verso non solo la Cina, ma rispetto a tutti i governi autoritari.
Per stipulare contratti economici si può anche sorvolare sulle libertà individuali dei cinesi, ma anche dei libici, come dimostrano i recenti accadimenti, e non solo.
Il Governo italiano è all’avanguardia nel porre “democraticamente” sotto controllo Internet, mettendo, come severamente si esprime in un cablogramma riservato all'ambasciatore americano a Roma David Thorne, "in pericolo la libertà di espressione ed è una minaccia alla democrazia italiana" e diffuso da Wikileaks. La Cina fa’ tesoro dei suggerimenti e va oltre, istituendo un apposito ministero per il controllo del traffico sulla web.
L’Italia è ormai un’enclave cinese, e tentava di esserlo per la Libia, in Europa e come tale elargisce estreme attenzioni ad una controparte economica, più che partner, dedicandogli, in occasione dei 40 anni di relazioni diplomatiche tra i due paesi, un anno di festeggiamenti per offrire degli spaccati di vita cinese in varie epoche, iniziando con la proposta espositiva dedicata al confronto tra “I due Imperi” dell’aquila e del dragone, prima a Milano e poi a Roma, con contorno di concerti. Un anno della Cina in Italia che l’Occidente è riuscito a renderlo indigesto alla crescente potenza economica cinese, assegnando il Nobel per la Pace a Liu Xiaobo, cinquantenne intellettuale, che sta scontando una condanna a 11 anni di carcere per aver invocato riforme politiche, democrazia e rispetto dei diritti umani.
Piccolo dispiacere, confrontato con la politica fagocitante di una Cina insaziabile di materie prime e di debiti altrui. La Cina non è solo il principale detentore di titoli del debito statunitense, ma anche di quello spagnolo o greco. In altri casi Pechino annuncia l’annullamento del debito come quello del Mozambico che ha accumulato, tra il 1980 e il 2005, nei confronti della Cina, un azzeramento seguito dalla cessione per molti anni di terreni da coltivare.
L’Africa continua a svendersi e la Cina continua ad acquistare di tutto, sino a far lievitare il prezzo del grano e del cotone.
Materie prime, terre, intere piantagioni. Il potenziale finanziario cinese sembra difficile da quantificare, con la complicità delle società che valutano l’affidabilità di un paese piuttosto che di un altro.

Un Cina interessata a tutto e con l’anno culturale ha rafforzato i legami tra il business e l’arte contemporanea, come dimostrano le numerose presenze artistiche italiane a Pechino e Shanghai, ma anche a Hangzhou, con il recente accordo – Confesercenti ASSOARTISTI – che ha recentemente portato (5 - 11 maggio) alcuni artisti legati all’A.R.GA.M (Associazione Romana Gallerie d’Arte Moderna) a trascorrervi una settimana, ospiti dell’omonimo Cultural Brand Promotion Organization, per l’iniziativa “Seguendo il cammino di Marco Polo”, nell’ambito dell’anno Italia-Cina del 2012. Hangzhou, vicina a Shanghai, è ormai lontano dall’entusiastica definizione di “paradiso terrestre” fatta da Marco Polo, ora è una città di circa 8milioni di abitanti e privilegia l’industrializzazione e la modernità a discapito della storia. Contraddizioni che si riscontrano anche nella proposta artistica cinese in Italia, come dimostra la mostra torinese “Under Construction” (4 maggio - 23 luglio 2011), dedicata al lavoro di Chen Qiulin e Yang Yi, presso la galleria VERSO Artecontemporanea (www.versoartecontemporanea.com/). Provenienti dalla Cina centro-meridionale, i due artisti raccontano con singolare lirismo la difficile realtà di quella regione e di una Cina che sta scomparendo, come i villaggi inghiottiti dal controverso progetto della Diga delle Tre Gole che, dal 1994, sta spazzando via numerose città adiacenti al famoso fiume Yangzi. Una scelta che rimanda a quella di Assuan, in Egitto, che tra gli anni ’60 e ’70 modificarono l’habitat del Nilo e impegnarono anche l’Unesco al trasporto di una serie di monumenti in luoghi più sicuri o donati ai paesi che finanziarono l’operazione della Valle dei Re. Ora la stessa esperienza di perdita di un passato è vissuta dalle popolazioni dello Wanxian, una città fino a qualche anno fa millenaria, ora ricostruita a causa della Diga. Sono opere per la tutela della memoria e dell’impossibilità di recuperarla perché annegata sotto l’impeto dell’acqua amica-nemica. L’importanza della memoria e lo smarrimento di punti di riferimento sono le basi di una parte dell’arte contemporanea cinese, quella che non fa il verso all’ipocrisia Occidentale, coniugando l’arte all’impegno sociale che non sconfina, per ora, nella critica alla classe dirigente cinese. Arte e artisti tollerati dai governi poco inclini ad accettare le critiche, superano il limite consentito di espressione, come è successo a Ai Weiwei (www.freeaiweiwei.org/). Un’artista che il Governo cinese ha trasformato in desaparecido, inghiottiti dai labirintici rimandi della “giustizia” cinese e per il quale si è dato vita ad un appello per la sua liberazione che si può firmare sul sito: www.associazionepulitzer.it/. Sebastiano Maffettone, sul Corriere della Sera del 7 maggio, avanza la proposta di dedicare a Ai Weiwei uno spazio vuoto alla Biennale Arte a Venezia di quest’anno, per sopperire al modesto interesse che gli organi d’informazione italiani hanno dedicato alla vicenda, rispetto alla Bbc, al Guardian e la Zeit, oltre al canale televisivo franco-tedesco Artè, acronimo di Association Relative à la Télévision Européenne, (www.arte.tv/), con interviste anche ai politici.
L’Italia non ha ancora reagito all`arresto di Ai Weiwei, mentre l`Unione Europea, le Nazioni Unite e Human Rights Watch, hanno espresso il loro disappunto.

Il 2011 l’Italia, per dare una continuità alla sua predilezione per l’autorità applicata su ampia scala e indifferente alle democrazie in evoluzione, sarà tappezzata, in un reciproco scambio, da numerose iniziative per l’Anno della Cultura e Lingua Russa in Italia e della Cultura e Lingua Italiana in Russia. La Russia, come la Cina, deve ancora apprendere il significato di Democrazia e di Diritti umani, ma è un particolare sul quale la classe dirigente italiana può sorvolare con un grande paese con il quale fare business facile. La finanza come la politica sembrano avere un debole nello stipulare contratti a breve scadenza, evitando di concludere accordi con prospettive economiche meno rapide dell’immediato. Sembra che gli affari, per molti imprenditori e Governi, non possono conclusi con paesi democraticamente stabili con buone prospettive economiche come il Ghana.

 

 

maggio 2011

Gianleonardo Latini

 


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