AMINA NON ESISTE
Mezzo mondo si è appassionato alla sorte di Amina Abdullah, blogger siriana omosessuale con migliaia di fan in tutto il mondo. Per mesi aveva descritto in diretta la guerra civile siriana e dialogava con centinaia di persone. Quando il 6 giugno si è sparsa la voce del suo arresto (rapita da agenti in borghese) e la cugina Rania lo ha confermato, il governo siriano ha smentito la notizia, e per una volta diceva la verità: Amina in realtà trasmetteva da Edimburgo e – quello che è ben più grave – non esisteva affatto. Thomas McMaster, blogger scozzese quarantenne, ha creato “a fin di bene” il personaggio, per aiutare la causa della democrazia. Quindi neanche la classica operazione di disinformazione gestita dalla CIA o dal KGB. La foto ufficiale era quella di una giovane donna estranea ai fatti. Se ne sono accorti Andy Carvin, un bravo giornalista americano, e Francesca Paci un'ottima, giornalista italiana de La Stampa, che aveva intervistato Amina via email. Proprio questo in realtà è stato il campanello d'allarme: Amina rilasciava interviste solo via email e nessuno l'aveva mai contatatta o incontrata di persona. Una serrata analisi dei server proxy – ovvero il tracciamento della posta elettronica – ha fatto capire che tutto partiva dalla Scozia invece che in diretta dalla Siria. In più – ma questo lo aggiungo io - era pure strano che una siriana emigrata con la famiglia negli Stati Uniti e poi tornata in patria due anni fa, non sapesse neanche una parola di arabo, magari imparata dalla nonna. Amina comunicava solo via mail e in ottimo inglese.
Com'è stato possibile – si dirà – mandare avanti il gioco per mesi? La risposta è se vogliamo assai semplice: in rete ogni giorno è accessibile una mole così poderosa di informazioni di ogni genere – scritte e visive – che non è difficile creare dal nulla una diretta sugli avvenimenti. Se io volessi inventarmi il blog di un soldato italiano in Afghanistan, avrei a disposizione tante informazioni con cui lavorare a tempo pieno sul mio personaggio, magari integrate da racconti personali. In più, per motivi di sicurezza dovrei comunque tacere su alcune fonti e non citare nome, cognome e grado dei miei superiori e commilitoni. Il trucco si svelerebbe solo se un altro soldato realmente sul posto notasse alcune incoerenze nei dettagli: un reggimento che ora sta altrove o un'azione mai avvenuta in quella settimana. Si tratta solo di tener sotto controllo il mosaico. Procedimento ben noto in letteratura: Marguerite Yourcenar p.es. ha scritto Il colpo di grazia (1938), un romanzo storico ambientato in Curlandia (paesi baltici) durante la guerra civile del 1919-21, senza esserci mai stata. A sentire la critica letteraria locale, la ricostruzione d'ambiente e degli avvenimenti è quasi perfetta.
Internet in realtà ha pure i suoi anticorpi. Il c.d. Street journalism permette a tutti non solo di narrare quello vedono davanti ai loro occhi, ma anche di correggere gli errori o le inesattezze degli altri. Wikipedia per esempio è nata dal basso, attraverso lo sforzo collettivo di migliaia di persone, senza una vera gerarchia accademica, eppure le sue informazioni sono per la maggior parte attendibili. Questo perché in ogni momento chiunque può anche correggere dati incoerenti o incompleti e polemizzare sulle tesi enunciate. Il Web è il luogo della discussione, come l’Agorà ateniese o il Foro romano. In più, chi accede alla rete è comunque una persona capace di usare un computer, collegarsi al Web e comunicare. Se i clienti dei maghi e delle cartomanti hanno al 90% un’istruzione elementare, chi naviga in rete ha perlomeno una licenza media o un diploma, o è cresciuto in un ambiente tecnologico e democraticamente ricettivo. Senza esagerazione, in rete naviga la componente più giovane, più preparata e intelligente del pianeta. Infine, non è poi difficile ricostruire il tracciamento delle mail e l’origine delle fonti del web: il popolo della rete sa farlo.
Un aspetto curioso della faccenda è l’identità scelta dai falsari: un'attivista musulmana omosessuale. Proprio lo smascheramento di Amina ha portato a quello di “Paula”, una figura analoga. I primi sospetti sulla vera identità di Paula sono nati una settimana dopo, proprio quando giornalisti blogger e fan della inesistente 'ragazza gay di Damasco' hanno iniziato a intuire che Amina non esistesse affatto. Liz Henry, un produttore del BlohHer.com, ha chiesto se il sito di Brook fosse in qualche modo coinvolto nell'invenzione: Amina aveva iniziato a scrivere, infatti, sul sito di Paula prima di avere un blog tutto suo. Ai reporter del WP che l'hanno cercata, Paula ha fatto sapere di poter parlare al telefono soltanto attraverso suo padre, essendo sorda. Suo “padre”, a questo punto scoperto, si è giustificato dicendo di avere agito con "le migliori intenzioni". Non solo: ha preferito fingersi donna perché nessuno avrebbe preso sul serio un uomo - così ha spiegato – e per di più eterosessuale. Ora, perché mai un uomo, oltretutto (!) eterosessuale, non sarebbe credibile? A rifletterci, è un pregiudizio alquanto bizzarro, eppure ha funzionato per ben due volte. E’ evidente che qui dobbiamo forse pescare nel profondo della psiche. Ogni epoca ha in realtà i suoi pregiudizi: oggi lo stilista deve esser gay e anticamente nessuno credeva che Shakespeare altro non fosse che il prestanome di un nobile, in quanto non era concepibile che alle vette del Sublime vi arrivasse un plebeo. Anche la pietà segue le sue mode: l'Italia del dopoguerra era piena di falsi reduci dal fronte russo, mentre negli anni '90 troppe mendicanti affermavano di venire da Sarajevo. Quindi, la lezione rimane sempre la stessa: verificare sempre le fonti.
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