Tra i numerosi personaggi che nel 2011 potranno essere indicate come esempio, due sono quelle che vengono proposte in una candidatura collettiva per delle donne impegnate a costruire e non a distruggere quello che c’è di buono nell’umanità.
Un modello viene suggerito nelle donne africane, protagoniste in ogni ambito della società, con la campagna Noppaw (www.noppaw.org/). Donne imprenditrici, impegnate in politica, donne che si assumono il ruolo di promotrici dei diritti, della salute, della pace, ma soprattutto nella quotidianità famigliare e del lavoro rurale.
Dalle premier dame alle contadine, impegnate contro le mutilazioni genitali o per fermare le violenze, protagoniste nella microfinanza o si adoperano nel garantire un’infanzia e i Diritti Umani. Dal Nord al Sud dell’Africa, spesso impegnate nei progetti dell’AIDOS (Associazione italiana donne per lo sviluppo - www.aidos.it), o dal Cipsi (www.cipsi.it), sono le donne che danno dimostrazione di cogliere le opportunità offerte dagli aiuti mirati e non aspettare passivamente l’assistenzialismo a pioggia dell’Occidente che foraggia più i governi viziosi, invece di fornire gli strumenti alle comunità ad aiutarsi, attivando cicli virtuosi di produttività che spaziano dalla realizzazione di pozzi d’acqua, evitando l’utilizzo di migliaia di donne come animali da soma per trasportare anche per decine di chilometri l’acqua alla famiglia, anche alla promozione di piccole attività commerciali, ma con una particolare attenzione allo sviluppo dell’agricoltura e all’economia informale, quella che permette ogni giorno, anche in situazioni di emergenza, la sopravvivenza.
Meno note e numerose sono le donne che in Bosnia non si sono arrese al lutto di migliaia di morti, per migliorare le condizioni di vita in una convivenza multietnica, producendo marmellate con i frutti di bosco (www.agronomisenzafrontiere.it/bosnia.htm). Un gruppo più ristretto di donne, ma che sicuramente va oltre il gesto simbolico di un Nobel per la Pace ad un’intera popolazione femminile di un Continente, contribuendo allo sviluppo di un’area dilaniata dalla guerra.
Anche se l’iniziativa coinvolge anche degli uomini, anche in Africa alcuni uomini sono di supporto alle iniziative di madri e single, è delle donne il merito di riuscire a far lavorare insieme cristiani e mussulmani, sulle rive della Drina, nei boschi limitrofi, superando l’odio etnico che aveva avvelenato la regione.
Donne, vedove e madri single con una famiglia da accudire, con le cicatrice nel corpo e nello spirito, con i loro morti ricordati con un memoriale costruito a metà strada tra Srebrenica e Bratunac, per gli oltre 8mila musulmani vittime in una delle “zone protette” create dall’Onu nel 1993, e un altro monumento a Bratunac, con nomi e foto di circa 500 vittime serbo bosniache, unite nel dolore, ma soprattutto nell’iniziativa cooperativistica.
La storia della marmellata di Pace di Sebrenica è raccontata nel film “Sarajevo, BiH” (di Emanuele Cicconi e con la partecipazione di Mario Boccia), anche il TG2 Dossier ha dedicato un servizio al progetto Lamponi di Pace, mentre le confetture possono essere richieste all’ACS di Padova (Associazione di Cooperazione e Solidarietà – www.acs-italia.it) che ha dato il supporto alle donne serbo-bosniache e bosniaco-musulmane di Bratunac, a collaborare e a vivere insieme, dopo la tragica esperienza della guerra e dei massacri.
Due possibili candidature per un Nobel che riconosca l’impegno delle donne per la Pace.
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http://www.assopace.org
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