ROMA AL TEMPO DEL CARAVAGGIO 1600-1630
LA ROMA ARTISTICA DI CINQUE SECOLI FA
A Palazzo Venezia è stata aperta una mostra che descrive la vita della città tra la fine del ‘500 e i primi tre decenni del secolo successivo. Tra vicoli e piazze, tra chiese e palazzi appare la figura di un uomo giovane dall’aria spavalda, con una corta barba e la spada al fianco, la figura e familiare, è proprio lui, Michelangelo Merisi detto il Caravaggio principe del pennello e re delle mostre. Ma stavolta di suo c’è poco più del nome e due dipinti, uno certissimo “la Madonna di Loreto o dei Pellegrini”, l’altro un “Sant’Agostino” recentemente attribuitogli dalla Danesi Squarzina ma su cui non tutti i critici concordano. La mostra, che espone centoquaranta dipinti, ideata e curata dalla Soprintendente R. Vodret ed allestita da P.L. Pizzi si propone di esaminare la situazione dell’arte pittorica tra l’inizio e gli anni Trenta del ‘600 e i vari movimenti artistici che animavano la città, allora considerata la capitale culturale d’Europa in questo campo. Pittori provenienti da ogni stato italiano e dall’estero facevano a gara nell’operare per committenze religiose e nobiliari articolandosi in vari gruppi stilistici che si fondevano e si amalgamavano. Gli ultimi anni del XVI secolo erano ancora dominati da noti pittori dell’ultima scuola manierista come il Baglione e il Cavalier d’Arpino quando quasi improvvisamente apparvero due forti personalità, Annibale Carracci e Caravaggio. Il primo già noto nella natia Bologna dove lavorava a fianco del fratello Agostino e del cugino Ludovico rielaborò uno stile che tornava a circa un secolo prima, a Raffaello, rappresentando la realtà in maniera idealizzata e sublime, l’altro dopo oscuri alunnati si presentò anch’egli come pittore della natura con tutti i suoi aspetti veri, positivi e negativi. Il successo di ambedue fu enorme, specie del Merisi, e seguendo la moda gli artisti presenti nella città si adeguarono naturalmente ognuno secondo le proprie capacità e le proprie inclinazioni. Il Carracci dette vita alla scuola classicista che comprese tra i grandi Reni, Domenichino, Guercino, Albani, Lanfranco ed altri tra i quali i toscani Passignano, Ciampelli, Fontebuoni, nonché molti al tempo celebri, e lo si vede in mostra dalla qualità delle loro committenze, ma adesso considerati minori in quanto maggiormente colpiti dalla “damnatio memoriae” che dal XIX secolo colpì la pittura seicentesca e che salvò solo i massimi artisti. Caravaggio invece non ebbe bottega ma molti furono i suoi seguaci ed imitatori a cominciare da Rubens con l’”Adorazione” ora a Fermo con grande uso di chiaroscuri e luminosità; a lui si rifecero Gentileschi, Borgianni, Saraceni ed altri artisti nordeuropei finché Bartolomeo Manfredi non teorizzò la “manfrediana methodus”, stile caravaggesco addolcito, che utilizzarono i Francesi Vouet, Valentin del Boulogne, Regnier, e l’Olandese Gherardo delle Notti nella seconda decade del secolo. Nel decennio successivo appaiono altri pittori caravaggeschi a cominciare da Artemisia, figlia del Gentileschi, che a soli diciassette anni dipinse “Susanna e i vecchioni”, gli italiani Caracciolo, Cavarozzi, Strozzi, Spada e gli stranieri Seghers, Baburen, Giusto Fiammingo, Ribera. Alla fine del decennio intervenne un cambiamento di moda, il classicismo prese il sopravvento assorbendo anche stilemi caravaggeschi preparandosi ad evolvere nella grande pittura barocca che dominò per oltre un secolo.
La mostra gode di un suggestivo allestimento che cerca di inserire i dipinti in una sorta di loro ambiente naturale, è suddivisa in ordine cronologico, per nazionalità degli autori, per committenza religiosa o laica e presenta sale che sembrano navate di chiese con file di altari allineati ed altre rivestite di tessuti rossi che ricreano gli ambienti dei palazzi nobiliari. Si apre con due dipinti, uno di Carracci l’altro di Caravaggio rappresentanti ambedue la “Madonna di Loreto”, sono opere eseguite più o meno negli stessi anni, inizio secolo, ma concepite in maniera opposta; Il Carracci dipinge una composizione complessa dal sapore architettonico, Vergine col Bambino seduta sulla Casa e portata in volo dagli angeli il tutto avvolto da una luce chiara, dolce, ideale. Il Caravaggio invece mostra una donna con un bambino in braccio sulla soglia di una casa che riceve due pellegrini malvestiti e sporchi mentre una lama di luce svela impietosamente molti particolari della scena, che sia la Madonna di Loreto lo si può dedurre da sottilissime aureole ma la prima impressione è che non si tratti di una scena sacra e per questo ed altri motivi il dipinto, come alcuni del pittore maledetto, suscitò all’epoca vive polemiche.
La mostra prosegue per varie sale esibendo quadri di varie dimensioni e di molti autori fino a terminare con l’ultimo caravaggesco, Valentin de Boulogne, che dipinse nel 1629 per i Barberini l’”Allegoria dell’Italia” con una grande figura femminile con ai piedi le rappresentazioni di due fiumi. E’ una esposizione completa di tre decenni di storia della pittura, un esame accurato di molti artisti e di diverse scuole, è “grandiosa, enfatica, solenne e forse un po’ soffocante” ma di estremo interesse e di grande suggestione. Unico piccolo neo, comune peraltro agli allestimenti di tante mostre, la difficoltà di leggere i cartellini specie quelli sui dipinti “laici” sovente posti troppo in basso, non illuminati, e rossi su rosso. Peccato veniale. |