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LE BUONE INTENZIONI

Chiarita una volte per tutte la insostituibile funzione del brutto, parliamo di Roma e di come la funzione, insostituibile, ha trovato applicazione.

Partiamo per questa nostra indagine dalla presa di Roma, dal 1870 in poi, e immantinente prendiamo le distanze da Armando Ravaglioli che così tuonava (i palazzi del potere, Newton Compton):

“Dopo aver tratto profitto dai vecchi insediamenti pubblici delle istituzioni pontificie e dopo aver fatto man bassa di conventi, le strutture governative dovettero ricorrere a nuove costruzioni che, come si addice ad un conquistatore, vennero edificate fuori scala nei confronti del contesto urbano e inserite con totale arroganza”.

Come detto noi prendiamo le distanze dall’Armando per una “questione morale”, Ravaglioli non tien conto delle buone intenzioni, di quelli che chiama i conquistatori.

Questi volevano che Roma risorgesse “più grande e più bella che pria”, come ben osservò Ettore Petrolini.

Più grande che pria, ecco come si spiega il “fuori scala”, edifici ipertrofici che si elevano, nascondendo e opprimendo, la vecchia Roma.

Più bella che pria, qui bisogna procedere per distinzioni, perchè ci sono palazzi notevoli, come quello della Banca d’Italia, ma come sempre fuori scala, nello specifico la storica chiesa di
Sant’Agata dei Goti scompare soffocata dalla mole del palazzo Koch.
Ma Ravaioli aggiunge non solo fuori scala ma anche fuori contesto e in effetti, restando a palazzo Koch (l’architetto del palazzo della Banca d’Italia), il palazzo si insediò sulle rovine delle Terme di Costantino e di altri edifici imperiali, e come spesso è successo gli scavi per livellare il terreno e costruire le fondazioni del palazzo riportarono alla luce statue e altri reperti di epoca imperiale, ora custoditi all’interno dello stesso palazzo Koch.
Aggiungiamo poi che l’area che dal Quirinale digrada verso l’attuale via Nazionale era verde di giardini dei quali restano le minime testimonianze dei giardinetti di Montecavallo e di quelli che affiancano S. Andrea al Quirinale. 
Ci siamo soffermati su palazzo Koch per rimarcare come, pur essendo uno dei migliori esempi di edilizia post unitaria, il suo impatto sul precedente contesto urbano è stato … ma finiremmo per dare ragione a Ravaglioli, dunque fermiamoci qui e prima di fare un breve excursus tra i palazzoni post unitari, torniamo al fuori scala, perché il fuori scala non ha interessato solo gli edifici pubblici e a seguire privati, ma anche le nuove strade.

Dopo i grandi interventi urbanistici “der Papa doppo er quale non ce fu più er sesto” , diceva Belli a proposito di Sisto V, Roma, stretta da case e casupole fatiscenti aveva bisogno che venisse disegnata una nuova viabilità. Pensate che per scendere verso palazzo Venezia da porta Esquilina, dove in prossimità di S. Maria Maggiore vediamo l’arco di Gallieno, si percorreva via in Selci, il cui tratto residuo scende oggi dietro via Giovanni Lanza.
Gli esempi potrebbero essere moltiplicati, dunque la necessità di intervenire era evidente.
Furono pertanto tracciate via Cavour, via Giovanni Lanza, via Nazionale, corso Vittorio Emanuele II, via Arenula, viale Trastevere, per citarne qualcuna, ma ancora una volta fuori scala e fuori contesto. Fuori scala non tanto perché siano troppo larghe, quanto piuttosto troppo grandi e pretenziosi sono i palazzi che prospettano su esse e fuori contesto perché costruite senza rispetto delle preesistenze, pensate, a puro titolo d’esempio, al povero
San Vitale, da un lato infossato a causa della costruzione di via Nazionale, che per ovviare ad una depressione fu rialzata con terreno di riporto e dall’altro lato sovrastato dalla mole del palazzo delle Esposizioni di Pio Piacentini (e meno male che era Pio).     
Non basta, colpisce la schizofrenia ministeriale, ministeri costruiti a macchia di leopardo, il ministero delle Finanze (oggi Tesoro) in via XX Settembre, su parte delle Terme di Diocleziano, il ministero degli Interni al Viminale, in via Veneto l’Industria, il Ministero di Grazia e Giustizia in fondo a via Arenula, la Pubblica Istruzione a metà di viale Trastevere, e per arrivare ai tempi nostri abbiamo gli Esteri vicino allo stadio Olimpico, le Telecomunicazioni, assieme alle Finanze, alla Marina Mercantile, al Commercio Estero, alla Università e Ricerca all’Eur, a queste sedi principali vanno aggiunte le sedi distaccate, per non parlare poi dell’Inps, dell’Inail, delle Poste, degli uffici della Regione, della Provincia, del Comune e delle aziende comunali. 

Fermiamoci qui se non per fare una osservazione sul traffico.

Oltre 250 mila dipendenti pubblici e para pubblici ogni giorno lavorativo attraversano Roma in tutte le direzioni, atteso che è difficile immaginare che ad esempio coloro la cui sede di lavoro è in via Veneto abbiano preso casa nelle vicinanze.

Progettare qualcosa di meno dissennato è davvero impossibile? 

 

1 agosto 2011

 

 

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